È ARRIVATO IL MOMENTO DELLA VERITÁ ALLE WORLD SERIES
Dal Lago Michigan si torna sul Lago Erie, destinazione Progressive Field.
Alzi la mano chi ha mai conosciuto degli abitanti di Chicago – una delle più raffinate città statunitensi, quantomeno dal punto di vista architettonico e urbanistico – felici e ansiosi di coprire le circa 350 miglia che separano “The Windy City” da Cleveland.
Già, Cleveland: non propriamente una meta turistica. Ci sono località il cui soprannome negli States è oggetto di disputa – che San Diego sia l’ “America’s Finest City”, se ne potrebbe discutere per ore –; per altre invece, non c’e’ bisogno di alcuna trattativa: Denver, è – oggettivamente: lo dice la cartografia – “the Mile-high City”, cosi’ come Cleveland è “the Mistake on the Lake”, lo sbaglio sul lago – oggettivamente: per capirlo, desolatevi con “Stranger than Paradise” di Jim Jarmusch, uno che dall’Ohio e’ scappato (ma anche dall’Illinois…).
Certamente non dispiaciuto del viaggio è Jake Arrieta, che in questo scorcio d’autunno passato sempre in trasferta sui monti di lancio, ha collezionato due apparizioni perdenti nella ridente California (a San Francisco e a Los Angeles) per conquistare invece un fondamentale punto del pareggio a Progressive Field nella gara-2 di questa Fall Classic.
Stesso discorso vale per Kyle Schwarber: il ritorno della serie in Ohio significa il suo ritorno in lineup da battitore designato.
In casa Indians, sul monte di lancio uno degli eroi di casa, Josh Tomlin (non possono risultare altrimenti i tre-lanciatori-tre partenti per la Tribù in queste World Series) che tanto bene sta facendo in postseason (tre partenze e tre vittorie, anche se mai con apparizioni oltre al canonico sesto inning: Andrew Miller, fresco e riposato, è avvisato), a dispetto di una poco edificante ERA casalinga, in stagione regolare, di 4.50.
“Casa dolce casa” o “nemo propheta in patria”? Comunque vada, ne vedremo delle belle.
di Andrea Comotti
Nella foto, il saluto tra i 2 manager, Maddon di Chicago e Francona di Cleveland (da CUT4 Official Twitter Page).
Alzi la mano chi ha mai conosciuto degli abitanti di Chicago – una delle più raffinate città statunitensi, quantomeno dal punto di vista architettonico e urbanistico – felici e ansiosi di coprire le circa 350 miglia che separano “The Windy City” da Cleveland.
Già, Cleveland: non propriamente una meta turistica. Ci sono località il cui soprannome negli States è oggetto di disputa – che San Diego sia l’ “America’s Finest City”, se ne potrebbe discutere per ore –; per altre invece, non c’e’ bisogno di alcuna trattativa: Denver, è – oggettivamente: lo dice la cartografia – “the Mile-high City”, cosi’ come Cleveland è “the Mistake on the Lake”, lo sbaglio sul lago – oggettivamente: per capirlo, desolatevi con “Stranger than Paradise” di Jim Jarmusch, uno che dall’Ohio e’ scappato (ma anche dall’Illinois…).
Certamente non dispiaciuto del viaggio è Jake Arrieta, che in questo scorcio d’autunno passato sempre in trasferta sui monti di lancio, ha collezionato due apparizioni perdenti nella ridente California (a San Francisco e a Los Angeles) per conquistare invece un fondamentale punto del pareggio a Progressive Field nella gara-2 di questa Fall Classic.
Stesso discorso vale per Kyle Schwarber: il ritorno della serie in Ohio significa il suo ritorno in lineup da battitore designato.
In casa Indians, sul monte di lancio uno degli eroi di casa, Josh Tomlin (non possono risultare altrimenti i tre-lanciatori-tre partenti per la Tribù in queste World Series) che tanto bene sta facendo in postseason (tre partenze e tre vittorie, anche se mai con apparizioni oltre al canonico sesto inning: Andrew Miller, fresco e riposato, è avvisato), a dispetto di una poco edificante ERA casalinga, in stagione regolare, di 4.50.
“Casa dolce casa” o “nemo propheta in patria”? Comunque vada, ne vedremo delle belle.
di Andrea Comotti
Nella foto, il saluto tra i 2 manager, Maddon di Chicago e Francona di Cleveland (da CUT4 Official Twitter Page).