INTERVISTA ESCLUSIVA A 360 GRADI A RENE' SAGGIADI, SCOUT SUPERVISOR DEGLI ARIZONA DIAMONDBACKS IN EUROPA, AFRICA E MEDIO ORIENTE
Ogni ragazzo è consapevole che per raggiungere la meta del baseball professionistico negli USA deve essere dotato di un ottimo potenziale, avere una gran dedizione al lavoro e sperare di possedere i requisiti richiesti dagli Scout delle varie franchigie della Major League che decideranno poi se firmare o meno il prospetto in questione.
Proprio parlando della figura dello Scout, il sito Grandeslam.net ha deciso di realizzare questa intervista esclusiva con Renè Saggiadi, che ricopre il ruolo di Supervisor Scout della zona Europa, Africa e Medio Oriente degli Arizona Diamondbacks, squadra della Major League. In sua compagnia abbiamo parlato a 360° gradi di baseball, partendo da cosa consiste il suo lavoro (e facendoci raccontare qualche curiosità in merito) fino ad arrivare a descrivere il mercato delle squadre di Major League, analizzando come si sono mosse le formazioni durante questa Off Season. Nel mezzo del discorso abbiamo parlato anche di come si stanno comportando Alex Maestri e Alex Liddi e di come si prospetta il loro futuro e tanto altro ancora. Buona Lettura!
DANIELE MATTIOLI: Iniziamo la nostra intervista Renè dandoti il benvenuto qui sul sito Grandeslam.net e poi parlando prima di tutto del tuo incarico, ovvero quello di essere Supervisore degli Scout in Europa degli Arizona Diamondbacks. In cosa consiste di preciso il tuo ruolo?
RENE' SAGGIADI: Beh, un saluto a tutti i lettori del sito. Rispondendo alla domanda, gestisco ed organizzo ogni aspetto dello scouting dei Diamondbacks in Europa, Africa e Medio Oriente. Osservo i giocatori più interessanti, stilando report su di loro e valutando chi possa fare al caso nostro, intrecciando i primi rapporti ed eventualmente facendo un’offerta per dar loro l’opportunità di diventare professionisti.
DANIELE MATTIOLI: Ci sono mai stati eventuali scontri ai piani alti per decidere se appoggiare la tua scelta riguardo il ragazzo da te valutato?
RENE' SAGGIADI: Nessuno scontro. In un’organizzazione funzionale nessuno prende decisioni da solo e si decide sempre nel migliore interesse della squadra. E’ chiaro che possano esserci divergenze, ma guai se non ci fossero e tutti si uniformassero ad un unico modo di pensare. L’importante è chiarire i motivi di quelle divergenze e prendere decisioni di comune accordo come è successo in questi ultimi 4 anni.
C’è stato un unico caso in cui io abbia dovuto “rinunciare” ad un giocatore da me raccomandato, ma anche in quel caso è stato per problemi oggettivi e non soggettivi: era un ragazzo che aveva bisogno di giocare tanto per migliorare, ma nel suo ruolo in quel momento eravamo copertissimi e non avremmo potuto dargli il playing time necessario, rendendo di fatto impossibile la firma (avrebbe giocato pochissimo e non ne avrebbe giovato nessuno: né noi, né il ragazzo stesso). Ad oggi non mi è ancora capitato di raccomandare un giocatore per la firma e vedermelo rifiutato per motivi di diversa valutazione tecnica da parte dei piani alti. Mi concedono parecchia autonomia decisionale ed in genere, dopo le analisi che presento e le discussioni che abbiamo, gli unici limiti che rimangono sono quelli economici (che ci auto-imponiamo anche sulla base delle mie stesse valutazioni) o tecnici e formativi, come nel caso del ragazzo succitato. Nella nostra organizzazione ho lavorato sotto tre General Manager e per fortuna finora tutti hanno creduto in un rapporto collaborativo anziché di imposizione dall’alto.
DANIELE MATTIOLI: E come ci si deve comportare per trovare l'accordo con le famiglie dei ragazzi? In alcune occasioni si legge come vi possano essere anche dei problemi...
RENE' SAGGIADI: Onestamente dipende dalla definizione della parola “problemi”. E’ chiaro che in Europa le trattative siano molto diverse rispetto all’America Latina, ad esempio. In Europa per gli studenti molto spesso è importante arrivare al diploma, ritardando il salto nei professionisti fino ai 18-19 anni di età (con la prima stagione completa che dunque arriva a 19-20 anni), mentre in America Latina lasciano la scuola (quelli che ci vanno, almeno) e già a 16 o 17 anni diventano professionisti.
Io credo in un rapporto di trasparenza coi genitori e non mi faccio alcun problema a comunicare loro i vantaggi e gli svantaggi del passaggio al professionismo. E’ un passo importante e sono il primo a dirlo, ma al tempo stesso rendo anche chiaro che più un giocatore aspetta e minore è il suo valore o il nostro interesse. Questo accade per problemi oggettivi di formazione: un giocatore che firma a 16 anni ha 3 anni di vantaggio di formazione professionistica rispetto ad uno che firma a 19, e questo gap è spesso difficilmente colmabile. Non è un caso che i 3 europei che sono arrivati recentemente in MLB (Liddi, il compianto Greg Halman, e Rick Van Den Hurk) abbiano tutti firmato a 16 o 17 anni. Al tempo stesso è comprensibile la volontà delle famiglie di far conseguire il diploma al loro ragazzo, in maniera da dargli un futuro anche al di fuori del baseball, nel caso in cui le cose non vadano bene. E’ una scelta che può cambiare la vita e credo che le famiglie debbano confrontarsi in pura autonomia e serenità, decidendo fra pro e contro. Nella maggior parte dei casi secondo me è meglio firmare, perché è un’opportunità da sogno che potrebbe non ripresentarsi mai più, lasciando rimpianti, mentre gli studi possono eventualmente essere ripresi in un secondo momento (qualora ci sia la volontà di farlo), ma anche nel caso in cui decidano di passare professionisti, io voglio che lo facciano perfettamente consci anche degli eventuali lati negativi, per non trovarsi sgradite sorprese successivamente. Inoltre teniamo presente che parlando con minorenni, passare attraverso la famiglia è un obbligo prima morale e poi anche legale.
Per questo motivo anche le resistenze che possono arrivare non le considero problemi, ma semplicemente una diversa razionalizzazione di una questione fondamentale per il futuro. L’unico caso che conosca di famiglia davvero deleteria ha riguardato un ragazzo tedesco qualche anno fa, perché la famiglia non era interessata a fargli continuare gli studi, ma voleva fingere di esserlo per far gonfiare il bonus. Il risultato è stato che questi giochetti abbiano fatto saltare l’affare ed il ragazzo si sia ritrovato con niente in mano: né scuola né professionismo. Negli altri casi ribadisco che possano esserci state resistenze, ma ci sono state perché hanno scelto di far proseguire gli studi al ragazzo o perché non ritenevano che il baseball potesse essere una professione adatta a loro figlio, e si tratta di scelte che abbiamo il dovere di rispettare.
Le famiglie non sono le uniche ad opporre resistenza. Per degli appassionati può sembrare incredibile, ma la realtà è che non tutti i ragazzi siano ansiosi di andare a giocare negli USA da professionisti e per farlo vogliano compensi superiori al loro valore, e se non vengono accontentati preferiscono rimanere in Europa. Ma anche in questo caso si tratta di scelte personali e vanno assolutamente rispettate. Anche se può sembrare inverosimile, non è mio dovere convincere un giocatore a firmare: io devo trovare i migliori giocatori per la nostra organizzazione e fare un’offerta che abbia senso a livello tecnico ed economico, poi la scelta tocca al ragazzo ed alla famiglia. E se decidono di non accettare dopo un’attenta analisi ed una discussione aperta assieme, rispetto la scelta ed amici come prima con la massima tranquillità.
DANIELE MATTIOLI: Parlando un attimo della tua carriera, come sei diventato scout prima e ora Supervisore?
RENE' SAGGIADI: I Diamondbacks cercavano qualcuno per espandere i loro interessi in Europa ed hanno trovato me. Il cambio di titolo in Supervisore fondamentalmente significa che io mi autogestisca invece di essere inviato dove necessario dalla squadra.
DANIELE MATTIOLI: Toccando per un attimo il discorso degli Arizona Diamondbacks e dei suoi prospetti, una squadra dell'Italian Baseball League, i Godo Knights, ha firmato poche settimane fa Sammy De Los Santos, lanciatore che faceva parte delle Minors dei D'Backs.
RENE' SAGGIADI: Si, ho letto e ti posso dire che Sammy è un buon lanciatore, ancora giovane. Ha mostrato un buon controllo e buona stuff e dovrà adattarsi ai costumi italiani, ma potrebbe fare molto bene da rilievo da noi.
DANIELE MATTIOLI: Guardando poi ai prospetti presenti qui in Europa, hai visto qualche ragazzo che potrebbe avere un futuro importante negli States e quindi essere da te firmato? In Italia, abbiamo qualche giovane con caratteristiche tali?
RENE' SAGGIADI: Senza dubbio, sia in Italia che nel resto d’Europa ci sono dei discreti talenti in erba. Prima di parlare di firma naturalmente dipende da come cresceranno, dalle loro ambizioni scolastiche, dalle loro richieste economiche e via dicendo. Ma la qualità di base è buona ed anzi il movimento sta crescendo in tutta Europa. Sono convinto che nei prossimi anni altri europei ed italiani di valore verranno contrattualizzati. Bisogna avere pazienza ed incrociare le dita.
DANIELE MATTIOLI: Collegandoci al discorso degli “Italiani nel Mondo”, passiamo a parlare di Alex Maestri prima e Alex Liddi dopo. Riguardante il lanciatore romagnolo, l'hai seguito nella sua grande stagione in Australia? Cosa ne pensi?
RENE' SAGGIADI: Penso che abbia avuto una stagione di Australian Baseball League straordinaria. Alessandro è un duro ed ha dimostrato che abbia anche una grande qualità sul monte. Non ha paura di mettersi in gioco e merita il tifo e l’ammirazione di tutti gli appassionati italiani. Quei 2 ragazzi sono inequivocabili motivi di orgoglio.
DANIELE MATTIOLI: Maestri ha una qualche possibilità, secondo te, di essere richiamato nelle Minors?
RENE' SAGGIADI: Di sicuro ne ha qualcuna, soprattutto perché è rimasto negli USA a provare la strada delle leghe indipendenti, che vengono sempre osservate dalle squadre MLB. Purtroppo lì non ha avuto una buona annata nel 2011, ma ha ancora 26 anni e qualche occasione ce l’ha ancora. Non sarà facile ed è una strada in salita, ma se c’è uno che può riuscirci è lui, ossia un ragazzo che ha un’ottima etica lavorativa, motivazione e qualità. Avrà bisogno anche di un po’ di fortuna, e se la meriterebbe tutta.
DANIELE MATTIOLI: Da un Alex all'altro e ora è il momento di soffermarci su Alex Liddi. Per farlo, prima di tutto una piccola domanda sulla sua stagione 2011. Ti sei emozionato anche tu al momento del suo esordio in Major League?
RENE' SAGGIADI: E’ naturale. Ho cercato di vedere tutte le partite di settembre dei Mariners ed ovviamente ho visto anche il suo debutto. E’ stato molto emozionante ed un momento storico ed indimenticabile per l’Italia del baseball.
DANIELE MATTIOLI: Secondo te in quale categoria inizierà dopo lo Spring Training? I Seattle Mariners, squadra dove gioca, punteranno su di lui da subito oppure l' acquisto di Carlos Guillen è un chiaro segnale da parte della dirigenza che lo spazio arriverà, ma solamente a settembre come nella passata stagione?
RENE' SAGGIADI: E’ difficile dirlo. Wedge crede in Seager più che in lui e lo ha reso ampiamente chiaro anche durante lo scorso settembre. Allo stesso tempo Alex è ancora giovane (23 anni) ed ha bisogno di tempo per affinare le sue qualità (c’è ancora troppo swing and miss nel suo gioco ed una OBP piuttosto bassa), quindi un’altra mezza stagione in AAA potrebbe fargli bene. La notizia positiva è che i giocatori che ha davanti (Seager, Figgins e Guillen) non sono irresistibili e con una buona stagione potrebbe tranquillamente sopravanzarli e prendersi il posto. Non è certamente bloccato e la firma di Guillen è per creare profondità, perché sperano che fra i 4 candidati riescano a trovarne almeno uno (o 2, da usare in platoon) che produca una stagione accettabile. I giocatori dietro Alex, ossia Catricala e soprattutto Francisco Martinez (il miglior prospetto organizzativo nel ruolo) sono ancora ad almeno un anno intero dall’essere pronti a meno di grosse sorprese, quindi in questo 2012 Alex ha la concreta possibilità di affermarsi e prendersi il ruolo da titolare, e non sarà un dramma se dovesse cominciare in AAA. Contemporaneamente però se non dovesse riuscire a diventare titolare entro fine anno, potrebbe essere un problema perché arriverebbero anche gli altri da dietro. Lo Spring Training sarà solo il primo passo e non escludo neanche che possa convincere Wedge già lì. Di sicuro a meno di eventi strani avrà altro spazio a settembre, come minimo, quando i roster si espandono a 40 giocatori.
DANIELE MATTIOLI: Parlando, invece, dei movimenti di questa Off Season 2012 nelle Major, ci sono state due importanti firme, sia come durata di contratto che soprattutto come ingaggio, di due Free Agent: Prince Fielder a Detroit e Albet Pujols a Los Angeles, sponda Angels. Secondo te sono investimenti giusti da parte delle due società?
RENE' SAGGIADI: Quando vengono concessi contratti così lunghi, la squadra corre un grosso rischio ma lo fa perché ritiene di poter avere successo nella prima metà del contratto stesso: si accetta di strapagare gli ultimi 2-3 anni di contratto per ottenere beneficio nei primi 6-7. Entrambe le squadre sono contenders attualmente, quindi è un rischio calcolato per tutte e due, e di sicuro nei prossimi 4-5 anni quei 2 giocatori saranno molto produttivi a meno di infortuni catastrofici, e contribuiranno. Onestamente Detroit ha una strada più semplice all’interno della divisione ed ha più possibilità di arrivare ai playoff, mentre gli Angels devono vedersela coi Rangers ma con questa decisione si sono garantite entrambe un futuro immediato di competitività elevata.
DANIELE MATTIOLI: Prima di chiudere il discorso sull'American League, ancora due domande. La prima riguarda i Boston Red Sox. E' la scelta giusta quella di affidare il ruolo di Manager a Bobby Valentine, oppure ci avresti visto meglio un'altra persona?
RENE' SAGGIADI: Credo che fosse ora di cambiare manager, ma dall’esterno è difficile indicare un nome specifico, perché credo che il manager debba agire in sintonia col front office. Se il front office ha ritenuto Valentine l’uomo giusto, avrà avuto i propri motivi.
DANIELE MATTIOLI: L'altro quesito riguarda sempre i Red Sox, ma in questo caso associati ai New York Yankees. Come giudichi il mercato cosi silenzioso da parte delle due squadre, che per il momento non hanno firmato nessun grande colpo rispetto a quelli delle altre squadre? Cambio di gerarchia al potere della Major League oppure volontà di basarsi sulla squadra che si ha al momento e sui prodotti delle Leghe Minori?
RENE' SAGGIADI: E’ la volontà di tenere basso il monte stipendi. Il nuovo contratto collettivo, firmato lo scorso novembre, nei prossimi anni premierà chi rimarrà sotto la soglia della CBT (Competitive Balance Tax). Non è un salary cap rigido come in altri sport, e le squadre possono superarlo, ma per farlo devono pagare una tassa parecchio elevata. Per rientrare di quei soldi (e di altri ancora, ma non è il caso di entrare troppo in dettaglio) le due squadre hanno deciso di ridurre il monte stipendi nei prossimi anni. Gli Yankees hanno semi-pubblicamente affermato di voler scendere sotto 194 milioni entro il 2014, mentre i Red Sox non hanno dichiarato nulla pubblicamente ma sembrano voler rientrare sotto la soglia della tassa già da quest’anno, come dimostrato dalle loro azioni. E’ un peccato soprattutto per Boston, perchè aveva a disposizione i soldi dei contratti di Drew e Papelbon per rinforzarsi, ma è una decisione prettamente economica.
Detto questo, sono squadre che hanno impianti solidi e collaudati. I Red Sox si sono indeboliti un po’, mentre gli Yankees hanno operato in maniera mirata, prendendo Pineda e Kuroda e rinforzandosi senza spendere troppi soldi. Questa strategia è anche spinta dal fatto che la Major League potrebbe aggiungere un’altra Wild Card nelle prossime settimane, rendendo più semplice il raggiungimento della post-season.
DANIELE MATTIOLI: Se queste due squadre non hanno certamente fatto un mercato scoppiettante, nella National League non si può dire lo stesso dei Miami Marlins che invece hanno praticamente rifondato la squadra con innesti di grande rilievo sia nel box di battuta che sul monte di lancio. Riuscirà la cura di Ozzie Guillen a far riscattare Hanley Ramirez e compagni dopo qualche stagione un pò deludente?
RENE' SAGGIADI: Non credo che abbiano avuto stagioni deludenti, quanto piuttosto in linea col talento degli anni passati. Adesso sono migliorati e possono puntare un po’ più in alto. Li vedo ancora sotto rispetto ai Phillies, ma sicuramente più competitivi rispetto al 2011. Buehrle, Bell, Zambrano e Reyes sono ottimi giocatori nei loro ruoli, ma non credo che da soli siano sufficienti a raggiungere la vetta. Ai Marlins per essere competitivi servirà tanta salute, ma sono una squadra con molti giocatori inclini a farsi male, come Josh Johnson o Anibal Sanchez o lo stesso Reyes, quindi hanno bisogno di un po’ di sorte in questo senso per giocarsela con le altre.
DANIELE MATTIOLI: Parlando invece dei grandi delusi, viste le premesse della vigilia, della passata stagione dei Philadelphia Phillies, riusciranno ad arrivare in fondo nella prossima stagione? E un commento sui tuoi Arizona Diamondbacks, invece? Riusciranno a tenere la testa della National League West?
RENE' SAGGIADI: Delusione è una parola forte. Chiaro che tutti partano per vincere, ma i Phillies sono stati la migliore squadra della stagione scorsa ed il record di Regular Season parla chiaro. Nei playoff si giocano poche partite, ma queste non possono definire il valore di una squadra. In una manciata di partite tutto può accadere e sostanzialmente partono tutte alla pari. Ad esempio in gara 5 contro i Cardinals, nel quarto e nel nono inning Ibanez ed Utley hanno battuto due flyballs profondissime: una folata di vento verso l’esterno le avrebbe spinte fuori, invece quella serata c’era un lieve vento verso l’interno, e sono rimaste dentro. Nel giro di un’intera stagione queste cose si pareggiano fra loro ma sulla gara secca (o sulla serie) non accade e non può essere controllato. Le squadre possono e devono massimizzare le proprie possibilità arrivando ai playoff e magari conquistando il fattore campo, ma una volta lì il loro controllo sugli eventi si riduce drasticamente, e fondamentalmente un periodo caldo può portare chiunque alla vittoria.
Credo che ancora per una stagione i Phillies possano ambire al titolo divisionale, ma stanno diventando rapidamente vecchi e soprattutto stanno crescendo le altre, con eccezione dei Mets, assorbiti da una crisi economica dei proprietari. Non escluderei che possano essere sopravanzati già quest’anno dai Braves ma sono comunque favoriti. Per i prossimi anni attenti anche ai Nationals (in rapidissima crescita, ma forse non pronti fino in fondo per il 2012, in cui comunque mi aspetto chiari miglioramenti), oltre a Braves e Marlins.
Per i Diamondbacks sono ottimista. Ce la giocheremo con Giants e Rockies. Abbiamo dei fortissimi lanciatori giovani che debutteranno quest’anno e che saranno al meglio nelle prossime stagioni, ma anche nel 2012 possiamo ambire al titolo divisionale e ce lo giocheremo, ma il valore è molto ravvicinato con le altre due.
DANIELE MATTIOLI: Stiamo arrivando alla fine della nostra intervista. Prima di chiudere, è obbligatorio un commento sul film “Moneyball – L'arte di vincere”, dove Brad Pitt interpreta Billy Beane, storico General Manager degli Oakland Athletics. Cosa ne pensi? Inoltre, tu hai mai incontrato in realtà lo stesso Beane?
RENE' SAGGIADI: Non ho visto il film. Ovviamente ho letto invece il libro ed a detta di alcuni dei protagonisti, Michael Lewis ha voluto un po’ romanzare la storia per renderla più interessante, col difetto di allontanarla però dalla realtà. Ho parlato con Paul DePodesta, ed ho incontrato più volte Art Howe, due persone eccezionali. Paul è stato ridotto a macchietta nel film, interpretato da un caratterista come Jonah Hill, molto diverso da lui, ma so che anche Art sia rimasto dispiaciuto per l’immagine che è stata data di lui. Già il libro lo aveva amareggiato e mi aveva raccontato di come il rapporto fra lui e Beane fosse molto diverso, ma so che il film lo ha proprio ferito. Art è un uomo estremamente gentile e disponibile e mi ha raccontato di non aver avuto quasi alcun contrasto con Beane stesso, ma naturalmente Lewis doveva esaltare certi conflitti per raccontare una storia più efficace, a costo di prendersi qualche licenza esagerata. Purtroppo questo ha generato una caratterizzazione sbagliata dei personaggi. Non trovo strano che DePodesta abbia rifiutato di far usare il proprio nome per il personaggio di Hill e credo che se Howe avesse sospettato le intenzioni del film, avrebbe rifiutato anche lui.
DANIELE MATTIOLI: Infine, l'ultima domanda riguarda il tuo splendido sito, http:www.rene144.playitusa.com, dove tra le altre cose parli anche di Sabermetica. Prima di tutto, come ti è nata l'idea del sito, e poi in cosa consiste questa tecnica della quale parli e che molti potrebbero non conoscere?
RENE' SAGGIADI: E’ un sito nato per pura e semplice passione, per poter discutere in tono informale ed approfondito di argomenti un po’ più di nicchia rispetto al mainstream trattato da Playitusa.com (dove ero caporedattore della sezione baseball). Mi diverte scrivere, anche se per motivi lavorativi non riesco a dedicargli il tempo che vorrei. La sabermetrica è la ricerca dell’oggettiva verità nel baseball, ed implica la ricerca e lo studio dei temi che vengono dibattuti e discussi tanto dai tifosi quanto dagli addetti ai lavori. Come vengono creati i punti? Come vengono vinte le partite? Quanto è importante avere un leadoff veloce? Si parte con una domanda specifica, magari anche banale in apparenza, ed una mente aperta, utilizzando metodi formali per arrivare ad una conclusione che si spera essere il più oggettiva possibile, supportata da fatti e non da intuizioni o ipotesi. La sabermetrica ci insegna a dubitare di tutto, a motivare qualsiasi cosa diciamo, a dimostrare le nostre teorie, a razionalizzare i concetti. E’ nemica delle ipotesi senza sostanza, è nemica dell’aria fritta. Suggerisco di leggere questo pezzo: http://rene144.playitusa.com/?p=350
di Daniele Mattioli
Nella foto, alcuni scout della Major League osservano i prospetti del College di Texas Tech (texastech.com).
Proprio parlando della figura dello Scout, il sito Grandeslam.net ha deciso di realizzare questa intervista esclusiva con Renè Saggiadi, che ricopre il ruolo di Supervisor Scout della zona Europa, Africa e Medio Oriente degli Arizona Diamondbacks, squadra della Major League. In sua compagnia abbiamo parlato a 360° gradi di baseball, partendo da cosa consiste il suo lavoro (e facendoci raccontare qualche curiosità in merito) fino ad arrivare a descrivere il mercato delle squadre di Major League, analizzando come si sono mosse le formazioni durante questa Off Season. Nel mezzo del discorso abbiamo parlato anche di come si stanno comportando Alex Maestri e Alex Liddi e di come si prospetta il loro futuro e tanto altro ancora. Buona Lettura!
DANIELE MATTIOLI: Iniziamo la nostra intervista Renè dandoti il benvenuto qui sul sito Grandeslam.net e poi parlando prima di tutto del tuo incarico, ovvero quello di essere Supervisore degli Scout in Europa degli Arizona Diamondbacks. In cosa consiste di preciso il tuo ruolo?
RENE' SAGGIADI: Beh, un saluto a tutti i lettori del sito. Rispondendo alla domanda, gestisco ed organizzo ogni aspetto dello scouting dei Diamondbacks in Europa, Africa e Medio Oriente. Osservo i giocatori più interessanti, stilando report su di loro e valutando chi possa fare al caso nostro, intrecciando i primi rapporti ed eventualmente facendo un’offerta per dar loro l’opportunità di diventare professionisti.
DANIELE MATTIOLI: Ci sono mai stati eventuali scontri ai piani alti per decidere se appoggiare la tua scelta riguardo il ragazzo da te valutato?
RENE' SAGGIADI: Nessuno scontro. In un’organizzazione funzionale nessuno prende decisioni da solo e si decide sempre nel migliore interesse della squadra. E’ chiaro che possano esserci divergenze, ma guai se non ci fossero e tutti si uniformassero ad un unico modo di pensare. L’importante è chiarire i motivi di quelle divergenze e prendere decisioni di comune accordo come è successo in questi ultimi 4 anni.
C’è stato un unico caso in cui io abbia dovuto “rinunciare” ad un giocatore da me raccomandato, ma anche in quel caso è stato per problemi oggettivi e non soggettivi: era un ragazzo che aveva bisogno di giocare tanto per migliorare, ma nel suo ruolo in quel momento eravamo copertissimi e non avremmo potuto dargli il playing time necessario, rendendo di fatto impossibile la firma (avrebbe giocato pochissimo e non ne avrebbe giovato nessuno: né noi, né il ragazzo stesso). Ad oggi non mi è ancora capitato di raccomandare un giocatore per la firma e vedermelo rifiutato per motivi di diversa valutazione tecnica da parte dei piani alti. Mi concedono parecchia autonomia decisionale ed in genere, dopo le analisi che presento e le discussioni che abbiamo, gli unici limiti che rimangono sono quelli economici (che ci auto-imponiamo anche sulla base delle mie stesse valutazioni) o tecnici e formativi, come nel caso del ragazzo succitato. Nella nostra organizzazione ho lavorato sotto tre General Manager e per fortuna finora tutti hanno creduto in un rapporto collaborativo anziché di imposizione dall’alto.
DANIELE MATTIOLI: E come ci si deve comportare per trovare l'accordo con le famiglie dei ragazzi? In alcune occasioni si legge come vi possano essere anche dei problemi...
RENE' SAGGIADI: Onestamente dipende dalla definizione della parola “problemi”. E’ chiaro che in Europa le trattative siano molto diverse rispetto all’America Latina, ad esempio. In Europa per gli studenti molto spesso è importante arrivare al diploma, ritardando il salto nei professionisti fino ai 18-19 anni di età (con la prima stagione completa che dunque arriva a 19-20 anni), mentre in America Latina lasciano la scuola (quelli che ci vanno, almeno) e già a 16 o 17 anni diventano professionisti.
Io credo in un rapporto di trasparenza coi genitori e non mi faccio alcun problema a comunicare loro i vantaggi e gli svantaggi del passaggio al professionismo. E’ un passo importante e sono il primo a dirlo, ma al tempo stesso rendo anche chiaro che più un giocatore aspetta e minore è il suo valore o il nostro interesse. Questo accade per problemi oggettivi di formazione: un giocatore che firma a 16 anni ha 3 anni di vantaggio di formazione professionistica rispetto ad uno che firma a 19, e questo gap è spesso difficilmente colmabile. Non è un caso che i 3 europei che sono arrivati recentemente in MLB (Liddi, il compianto Greg Halman, e Rick Van Den Hurk) abbiano tutti firmato a 16 o 17 anni. Al tempo stesso è comprensibile la volontà delle famiglie di far conseguire il diploma al loro ragazzo, in maniera da dargli un futuro anche al di fuori del baseball, nel caso in cui le cose non vadano bene. E’ una scelta che può cambiare la vita e credo che le famiglie debbano confrontarsi in pura autonomia e serenità, decidendo fra pro e contro. Nella maggior parte dei casi secondo me è meglio firmare, perché è un’opportunità da sogno che potrebbe non ripresentarsi mai più, lasciando rimpianti, mentre gli studi possono eventualmente essere ripresi in un secondo momento (qualora ci sia la volontà di farlo), ma anche nel caso in cui decidano di passare professionisti, io voglio che lo facciano perfettamente consci anche degli eventuali lati negativi, per non trovarsi sgradite sorprese successivamente. Inoltre teniamo presente che parlando con minorenni, passare attraverso la famiglia è un obbligo prima morale e poi anche legale.
Per questo motivo anche le resistenze che possono arrivare non le considero problemi, ma semplicemente una diversa razionalizzazione di una questione fondamentale per il futuro. L’unico caso che conosca di famiglia davvero deleteria ha riguardato un ragazzo tedesco qualche anno fa, perché la famiglia non era interessata a fargli continuare gli studi, ma voleva fingere di esserlo per far gonfiare il bonus. Il risultato è stato che questi giochetti abbiano fatto saltare l’affare ed il ragazzo si sia ritrovato con niente in mano: né scuola né professionismo. Negli altri casi ribadisco che possano esserci state resistenze, ma ci sono state perché hanno scelto di far proseguire gli studi al ragazzo o perché non ritenevano che il baseball potesse essere una professione adatta a loro figlio, e si tratta di scelte che abbiamo il dovere di rispettare.
Le famiglie non sono le uniche ad opporre resistenza. Per degli appassionati può sembrare incredibile, ma la realtà è che non tutti i ragazzi siano ansiosi di andare a giocare negli USA da professionisti e per farlo vogliano compensi superiori al loro valore, e se non vengono accontentati preferiscono rimanere in Europa. Ma anche in questo caso si tratta di scelte personali e vanno assolutamente rispettate. Anche se può sembrare inverosimile, non è mio dovere convincere un giocatore a firmare: io devo trovare i migliori giocatori per la nostra organizzazione e fare un’offerta che abbia senso a livello tecnico ed economico, poi la scelta tocca al ragazzo ed alla famiglia. E se decidono di non accettare dopo un’attenta analisi ed una discussione aperta assieme, rispetto la scelta ed amici come prima con la massima tranquillità.
DANIELE MATTIOLI: Parlando un attimo della tua carriera, come sei diventato scout prima e ora Supervisore?
RENE' SAGGIADI: I Diamondbacks cercavano qualcuno per espandere i loro interessi in Europa ed hanno trovato me. Il cambio di titolo in Supervisore fondamentalmente significa che io mi autogestisca invece di essere inviato dove necessario dalla squadra.
DANIELE MATTIOLI: Toccando per un attimo il discorso degli Arizona Diamondbacks e dei suoi prospetti, una squadra dell'Italian Baseball League, i Godo Knights, ha firmato poche settimane fa Sammy De Los Santos, lanciatore che faceva parte delle Minors dei D'Backs.
RENE' SAGGIADI: Si, ho letto e ti posso dire che Sammy è un buon lanciatore, ancora giovane. Ha mostrato un buon controllo e buona stuff e dovrà adattarsi ai costumi italiani, ma potrebbe fare molto bene da rilievo da noi.
DANIELE MATTIOLI: Guardando poi ai prospetti presenti qui in Europa, hai visto qualche ragazzo che potrebbe avere un futuro importante negli States e quindi essere da te firmato? In Italia, abbiamo qualche giovane con caratteristiche tali?
RENE' SAGGIADI: Senza dubbio, sia in Italia che nel resto d’Europa ci sono dei discreti talenti in erba. Prima di parlare di firma naturalmente dipende da come cresceranno, dalle loro ambizioni scolastiche, dalle loro richieste economiche e via dicendo. Ma la qualità di base è buona ed anzi il movimento sta crescendo in tutta Europa. Sono convinto che nei prossimi anni altri europei ed italiani di valore verranno contrattualizzati. Bisogna avere pazienza ed incrociare le dita.
DANIELE MATTIOLI: Collegandoci al discorso degli “Italiani nel Mondo”, passiamo a parlare di Alex Maestri prima e Alex Liddi dopo. Riguardante il lanciatore romagnolo, l'hai seguito nella sua grande stagione in Australia? Cosa ne pensi?
RENE' SAGGIADI: Penso che abbia avuto una stagione di Australian Baseball League straordinaria. Alessandro è un duro ed ha dimostrato che abbia anche una grande qualità sul monte. Non ha paura di mettersi in gioco e merita il tifo e l’ammirazione di tutti gli appassionati italiani. Quei 2 ragazzi sono inequivocabili motivi di orgoglio.
DANIELE MATTIOLI: Maestri ha una qualche possibilità, secondo te, di essere richiamato nelle Minors?
RENE' SAGGIADI: Di sicuro ne ha qualcuna, soprattutto perché è rimasto negli USA a provare la strada delle leghe indipendenti, che vengono sempre osservate dalle squadre MLB. Purtroppo lì non ha avuto una buona annata nel 2011, ma ha ancora 26 anni e qualche occasione ce l’ha ancora. Non sarà facile ed è una strada in salita, ma se c’è uno che può riuscirci è lui, ossia un ragazzo che ha un’ottima etica lavorativa, motivazione e qualità. Avrà bisogno anche di un po’ di fortuna, e se la meriterebbe tutta.
DANIELE MATTIOLI: Da un Alex all'altro e ora è il momento di soffermarci su Alex Liddi. Per farlo, prima di tutto una piccola domanda sulla sua stagione 2011. Ti sei emozionato anche tu al momento del suo esordio in Major League?
RENE' SAGGIADI: E’ naturale. Ho cercato di vedere tutte le partite di settembre dei Mariners ed ovviamente ho visto anche il suo debutto. E’ stato molto emozionante ed un momento storico ed indimenticabile per l’Italia del baseball.
DANIELE MATTIOLI: Secondo te in quale categoria inizierà dopo lo Spring Training? I Seattle Mariners, squadra dove gioca, punteranno su di lui da subito oppure l' acquisto di Carlos Guillen è un chiaro segnale da parte della dirigenza che lo spazio arriverà, ma solamente a settembre come nella passata stagione?
RENE' SAGGIADI: E’ difficile dirlo. Wedge crede in Seager più che in lui e lo ha reso ampiamente chiaro anche durante lo scorso settembre. Allo stesso tempo Alex è ancora giovane (23 anni) ed ha bisogno di tempo per affinare le sue qualità (c’è ancora troppo swing and miss nel suo gioco ed una OBP piuttosto bassa), quindi un’altra mezza stagione in AAA potrebbe fargli bene. La notizia positiva è che i giocatori che ha davanti (Seager, Figgins e Guillen) non sono irresistibili e con una buona stagione potrebbe tranquillamente sopravanzarli e prendersi il posto. Non è certamente bloccato e la firma di Guillen è per creare profondità, perché sperano che fra i 4 candidati riescano a trovarne almeno uno (o 2, da usare in platoon) che produca una stagione accettabile. I giocatori dietro Alex, ossia Catricala e soprattutto Francisco Martinez (il miglior prospetto organizzativo nel ruolo) sono ancora ad almeno un anno intero dall’essere pronti a meno di grosse sorprese, quindi in questo 2012 Alex ha la concreta possibilità di affermarsi e prendersi il ruolo da titolare, e non sarà un dramma se dovesse cominciare in AAA. Contemporaneamente però se non dovesse riuscire a diventare titolare entro fine anno, potrebbe essere un problema perché arriverebbero anche gli altri da dietro. Lo Spring Training sarà solo il primo passo e non escludo neanche che possa convincere Wedge già lì. Di sicuro a meno di eventi strani avrà altro spazio a settembre, come minimo, quando i roster si espandono a 40 giocatori.
DANIELE MATTIOLI: Parlando, invece, dei movimenti di questa Off Season 2012 nelle Major, ci sono state due importanti firme, sia come durata di contratto che soprattutto come ingaggio, di due Free Agent: Prince Fielder a Detroit e Albet Pujols a Los Angeles, sponda Angels. Secondo te sono investimenti giusti da parte delle due società?
RENE' SAGGIADI: Quando vengono concessi contratti così lunghi, la squadra corre un grosso rischio ma lo fa perché ritiene di poter avere successo nella prima metà del contratto stesso: si accetta di strapagare gli ultimi 2-3 anni di contratto per ottenere beneficio nei primi 6-7. Entrambe le squadre sono contenders attualmente, quindi è un rischio calcolato per tutte e due, e di sicuro nei prossimi 4-5 anni quei 2 giocatori saranno molto produttivi a meno di infortuni catastrofici, e contribuiranno. Onestamente Detroit ha una strada più semplice all’interno della divisione ed ha più possibilità di arrivare ai playoff, mentre gli Angels devono vedersela coi Rangers ma con questa decisione si sono garantite entrambe un futuro immediato di competitività elevata.
DANIELE MATTIOLI: Prima di chiudere il discorso sull'American League, ancora due domande. La prima riguarda i Boston Red Sox. E' la scelta giusta quella di affidare il ruolo di Manager a Bobby Valentine, oppure ci avresti visto meglio un'altra persona?
RENE' SAGGIADI: Credo che fosse ora di cambiare manager, ma dall’esterno è difficile indicare un nome specifico, perché credo che il manager debba agire in sintonia col front office. Se il front office ha ritenuto Valentine l’uomo giusto, avrà avuto i propri motivi.
DANIELE MATTIOLI: L'altro quesito riguarda sempre i Red Sox, ma in questo caso associati ai New York Yankees. Come giudichi il mercato cosi silenzioso da parte delle due squadre, che per il momento non hanno firmato nessun grande colpo rispetto a quelli delle altre squadre? Cambio di gerarchia al potere della Major League oppure volontà di basarsi sulla squadra che si ha al momento e sui prodotti delle Leghe Minori?
RENE' SAGGIADI: E’ la volontà di tenere basso il monte stipendi. Il nuovo contratto collettivo, firmato lo scorso novembre, nei prossimi anni premierà chi rimarrà sotto la soglia della CBT (Competitive Balance Tax). Non è un salary cap rigido come in altri sport, e le squadre possono superarlo, ma per farlo devono pagare una tassa parecchio elevata. Per rientrare di quei soldi (e di altri ancora, ma non è il caso di entrare troppo in dettaglio) le due squadre hanno deciso di ridurre il monte stipendi nei prossimi anni. Gli Yankees hanno semi-pubblicamente affermato di voler scendere sotto 194 milioni entro il 2014, mentre i Red Sox non hanno dichiarato nulla pubblicamente ma sembrano voler rientrare sotto la soglia della tassa già da quest’anno, come dimostrato dalle loro azioni. E’ un peccato soprattutto per Boston, perchè aveva a disposizione i soldi dei contratti di Drew e Papelbon per rinforzarsi, ma è una decisione prettamente economica.
Detto questo, sono squadre che hanno impianti solidi e collaudati. I Red Sox si sono indeboliti un po’, mentre gli Yankees hanno operato in maniera mirata, prendendo Pineda e Kuroda e rinforzandosi senza spendere troppi soldi. Questa strategia è anche spinta dal fatto che la Major League potrebbe aggiungere un’altra Wild Card nelle prossime settimane, rendendo più semplice il raggiungimento della post-season.
DANIELE MATTIOLI: Se queste due squadre non hanno certamente fatto un mercato scoppiettante, nella National League non si può dire lo stesso dei Miami Marlins che invece hanno praticamente rifondato la squadra con innesti di grande rilievo sia nel box di battuta che sul monte di lancio. Riuscirà la cura di Ozzie Guillen a far riscattare Hanley Ramirez e compagni dopo qualche stagione un pò deludente?
RENE' SAGGIADI: Non credo che abbiano avuto stagioni deludenti, quanto piuttosto in linea col talento degli anni passati. Adesso sono migliorati e possono puntare un po’ più in alto. Li vedo ancora sotto rispetto ai Phillies, ma sicuramente più competitivi rispetto al 2011. Buehrle, Bell, Zambrano e Reyes sono ottimi giocatori nei loro ruoli, ma non credo che da soli siano sufficienti a raggiungere la vetta. Ai Marlins per essere competitivi servirà tanta salute, ma sono una squadra con molti giocatori inclini a farsi male, come Josh Johnson o Anibal Sanchez o lo stesso Reyes, quindi hanno bisogno di un po’ di sorte in questo senso per giocarsela con le altre.
DANIELE MATTIOLI: Parlando invece dei grandi delusi, viste le premesse della vigilia, della passata stagione dei Philadelphia Phillies, riusciranno ad arrivare in fondo nella prossima stagione? E un commento sui tuoi Arizona Diamondbacks, invece? Riusciranno a tenere la testa della National League West?
RENE' SAGGIADI: Delusione è una parola forte. Chiaro che tutti partano per vincere, ma i Phillies sono stati la migliore squadra della stagione scorsa ed il record di Regular Season parla chiaro. Nei playoff si giocano poche partite, ma queste non possono definire il valore di una squadra. In una manciata di partite tutto può accadere e sostanzialmente partono tutte alla pari. Ad esempio in gara 5 contro i Cardinals, nel quarto e nel nono inning Ibanez ed Utley hanno battuto due flyballs profondissime: una folata di vento verso l’esterno le avrebbe spinte fuori, invece quella serata c’era un lieve vento verso l’interno, e sono rimaste dentro. Nel giro di un’intera stagione queste cose si pareggiano fra loro ma sulla gara secca (o sulla serie) non accade e non può essere controllato. Le squadre possono e devono massimizzare le proprie possibilità arrivando ai playoff e magari conquistando il fattore campo, ma una volta lì il loro controllo sugli eventi si riduce drasticamente, e fondamentalmente un periodo caldo può portare chiunque alla vittoria.
Credo che ancora per una stagione i Phillies possano ambire al titolo divisionale, ma stanno diventando rapidamente vecchi e soprattutto stanno crescendo le altre, con eccezione dei Mets, assorbiti da una crisi economica dei proprietari. Non escluderei che possano essere sopravanzati già quest’anno dai Braves ma sono comunque favoriti. Per i prossimi anni attenti anche ai Nationals (in rapidissima crescita, ma forse non pronti fino in fondo per il 2012, in cui comunque mi aspetto chiari miglioramenti), oltre a Braves e Marlins.
Per i Diamondbacks sono ottimista. Ce la giocheremo con Giants e Rockies. Abbiamo dei fortissimi lanciatori giovani che debutteranno quest’anno e che saranno al meglio nelle prossime stagioni, ma anche nel 2012 possiamo ambire al titolo divisionale e ce lo giocheremo, ma il valore è molto ravvicinato con le altre due.
DANIELE MATTIOLI: Stiamo arrivando alla fine della nostra intervista. Prima di chiudere, è obbligatorio un commento sul film “Moneyball – L'arte di vincere”, dove Brad Pitt interpreta Billy Beane, storico General Manager degli Oakland Athletics. Cosa ne pensi? Inoltre, tu hai mai incontrato in realtà lo stesso Beane?
RENE' SAGGIADI: Non ho visto il film. Ovviamente ho letto invece il libro ed a detta di alcuni dei protagonisti, Michael Lewis ha voluto un po’ romanzare la storia per renderla più interessante, col difetto di allontanarla però dalla realtà. Ho parlato con Paul DePodesta, ed ho incontrato più volte Art Howe, due persone eccezionali. Paul è stato ridotto a macchietta nel film, interpretato da un caratterista come Jonah Hill, molto diverso da lui, ma so che anche Art sia rimasto dispiaciuto per l’immagine che è stata data di lui. Già il libro lo aveva amareggiato e mi aveva raccontato di come il rapporto fra lui e Beane fosse molto diverso, ma so che il film lo ha proprio ferito. Art è un uomo estremamente gentile e disponibile e mi ha raccontato di non aver avuto quasi alcun contrasto con Beane stesso, ma naturalmente Lewis doveva esaltare certi conflitti per raccontare una storia più efficace, a costo di prendersi qualche licenza esagerata. Purtroppo questo ha generato una caratterizzazione sbagliata dei personaggi. Non trovo strano che DePodesta abbia rifiutato di far usare il proprio nome per il personaggio di Hill e credo che se Howe avesse sospettato le intenzioni del film, avrebbe rifiutato anche lui.
DANIELE MATTIOLI: Infine, l'ultima domanda riguarda il tuo splendido sito, http:www.rene144.playitusa.com, dove tra le altre cose parli anche di Sabermetica. Prima di tutto, come ti è nata l'idea del sito, e poi in cosa consiste questa tecnica della quale parli e che molti potrebbero non conoscere?
RENE' SAGGIADI: E’ un sito nato per pura e semplice passione, per poter discutere in tono informale ed approfondito di argomenti un po’ più di nicchia rispetto al mainstream trattato da Playitusa.com (dove ero caporedattore della sezione baseball). Mi diverte scrivere, anche se per motivi lavorativi non riesco a dedicargli il tempo che vorrei. La sabermetrica è la ricerca dell’oggettiva verità nel baseball, ed implica la ricerca e lo studio dei temi che vengono dibattuti e discussi tanto dai tifosi quanto dagli addetti ai lavori. Come vengono creati i punti? Come vengono vinte le partite? Quanto è importante avere un leadoff veloce? Si parte con una domanda specifica, magari anche banale in apparenza, ed una mente aperta, utilizzando metodi formali per arrivare ad una conclusione che si spera essere il più oggettiva possibile, supportata da fatti e non da intuizioni o ipotesi. La sabermetrica ci insegna a dubitare di tutto, a motivare qualsiasi cosa diciamo, a dimostrare le nostre teorie, a razionalizzare i concetti. E’ nemica delle ipotesi senza sostanza, è nemica dell’aria fritta. Suggerisco di leggere questo pezzo: http://rene144.playitusa.com/?p=350
di Daniele Mattioli
Nella foto, alcuni scout della Major League osservano i prospetti del College di Texas Tech (texastech.com).