A Natale si respira, così dicono, aria di festa, aria di allegria, aria di magia. E non è un caso che, ad esempio, i tanti canali televisivi decidano di programmare film e cartoni animati firmati Disney che raccontano storie ricche di questi dettagli. Lo fanno perchè nonostante il passare degli anni riescono, nella maggior parte dei casi, a catturare ancora l'osservatore che rimane affascinato dalle situazioni che si creano e che terminano sempre con l'happy ending, ovvero con il lieto fine. Anche nel baseball ci sono storie simili, storie che per il momento non sono ancora diventate film da vedere al cinema o in televisione ma che devono essere raccontate. Così come hanno fatto negli USA settimane addietro grazie a Jonah Keri (con il libro "The Extra 2%", Espn), noi lo facciamo ora con un racconto riguardante uno dei giocatori più forti della storia, che poteva non diventare quello che è ora. Ma alla fine, invece ci è riuscito da numero uno, anche perchè ha avuto la fortuna di incontrare una persona che gli è sempre stata vicina. Un racconto di un'amicizia nata anni fa e che continua tuttora. Un racconto magico per rendere ancora più magico il Natale.

E’ una mattina come tante quella che sta per affrontare Fernando Arango. Lui, di professione scout dei Tampa Bay Rays, squadra di Major League, conosce la difficoltà del suo lavoro e sa anche di come la zona che deve tenere sotto controllo sia “lack of talent”, ovvero povera di talento. In effetti è vero. Arango deve ricoprire Arkansas, Kansas, Missouri, Oklahoma e Nebraska, stati ben distanti dalla California o dal Texas, dove i futuri campioni sono ovunque. E soprattutto ha cambiato completamente stile di vita: sempre in macchina, di corsa sull’autostrada, vivendo solamente di hamburger e di coca cola.
Anche quella mattina di tanti anni fa, Arango è in macchina e si dirige vero la cittadina di Republic, in Missouri, 8438 anime. Deve seguire un torneo di High School, equivalente alle nostre superiori, e osservare un terza base, il cui talento e capacità sono visibili a tutti. Dopo le partite, i due parlano e lo scout promette al giocatore di tenerlo sott’occhio.

L’anno seguente, Arango è di nuovo ad osservare il terza base, che si è trasferito al Maple Woods College di Kansas. Per il giocatore arrivano due fuoricampo a sinistra, che si perdono nella fitta boscaglia adiacente al campo. Arango è certo: il giocatore vestirà la maglia di Tampa. Fa le dovute chiamate ai suoi superiori, ai quali manda un report di quello che ha visto. Sembra fatta, ma succede l’incredibile. I superiori del nostro scout affermano che il giocatore non è quello che sembra. Dan Jennings, direttore dello scouting di Tampa, comunica che l’atleta non sarà un Rays, perché non ha un ruolo fisso e soprattutto perché prende troppi strike out. Arango non ci può credere, ma non si dà per vinto. Insiste e insiste ancora, promettendo che quel giocatore arriverà a battere ben 40 fuoricampo in Major League. I suoi superiori alla fine cedono, organizzando un work-out, una specie di provino, per il suo pupillo.
Il momento è quello decisivo. Arango parla a lungo con il “suo” ragazzo e quando arrivano al Tropicana Field, la casa dei Tampa Bay, ci sono altri ragazzi in attesa di essere valutati. Lo scout, vedendolo in azione, lo paragona a Lou Gherig, storico campionissimo dei New York Yankees, mentre dall’altra parte arrivano pareri opposti: troppo lento in difesa e nel lancio e soprattutto incapace di battere di potenza. Peccato che, invece, il rilancio del giocatore da casa base in seconda sia di 1.89 secondi, risultato che pochissimi in Major League riescono a raggiungere. Ma si sa, quando si parte prevenuti, è difficile cambiare idea. Alla fine Arango fa l’unica cosa che può fare: aspettare il giorno del Draft e vedere se i Tampa Bay scelgono il suo pupillo.

Il giorno arriva e alla fine i Rays optano per Jason Pruett, lanciatore texano. Diciassette giri dopo, Arango riceve la notizia che aspetta, ma che non avrebbe mai voluto sentire: il suo giocatore è stato scelto, non da Tampa però, ma dai St.Louis Cardinals, con la chiamata numero 402. Arango decide allora di cambiare lavoro e diventa un agente sportivo.
Nel frattempo, il suo pupillo rompe ogni record nelle Leghe Minori ed esordisce titolare in Major League. Al primo anno batte 37 fuoricampo con la media battuta di .329! Tre anni dopo raggiunge quota 39 home run. Arango non ha dimenticato la sua previsione dei 40 homer in una stagione. Decide di mandargli un messaggio, in cui gli scrive che una bottiglia di champagne è pronta per essere aperta non appena raggiunto il fatidico traguardo. Il giorno dopo il giocatore completa l’obiettivo e risponde ad Arango. “Ho colpito il quarantesimo fuoricampo e anche il quarantunesimo. Puoi tornare indietro e chiamare i Tampa Bay Rays ora”.

La firma del messaggio porta il nome di Albert Pujols, miglior giocatore della Major League da qualche anno a oggi nella quale ha vinto le World Series 2006 e 2011 sempre con la divisa dei St.Louis Cardinals, squadra per la quale ha giocato fino a qualche settimana fa, prima di accettare l'offerta di contratto dei Los Angeles Angels, che lo hanno fatto diventare il secondo giocatore più pagato della storia.
Niente male per il ragazzino dominicano che era stato dimenticato dai grandi capi e presunti intenditori di Tampa e che invece, grazie anche alla tenacia di un semplice scout, diventato poi grande amico, è divenuto uno dei più forti giocatori della storia di questo sport.

di Daniele Mattioli