Dopo 30 anni sui campi da baseball, Riccardo Suardi ha appeso guanto e mazza al chiodo al termine della stagione 2021 che lo ha visto giocare con il Senago Baseball

Il primo assaggio della serie A2 lo ha avuto nel 2000 con Lodi con cui ha giocato poi altre 5 stagioni (2001-05), 4 in A2 ed 1 in B (2003), prima di approdare nella massima serie italiana con la maglia del San Marino. Sul monte Titano ha giocato dal 2006 al 2011 diventando un giocatore completo sia in attacco che in difesa e contribuendo alla vittoria di diversi titoli, tra cui il primo scudetto della storia della società sammarinese. Successivamente ha militato nel Rimini, nel Novara ed infine dal 2014 al Senago con cui ha giocato fino al ritiro.

Qualche giorno fa hai dato l’addio al baseball con un post su Facebook. Da cosa è nata questa tua decisione? 

‘’È una decisione maturata già da inizio anno. Sapevo che sarebbe stato l'ultimo e me lo sono goduto per bene. Fisicamente ce la potrei ancora fare, mi sento bene...ma le energie mentali, "la fame",non sono più le stesse di un tempo. Era ora di smettere’’

Hai già in mente qualcosa per il futuro? Sarai ancora legato al baseball o diventerai un semplice tifoso? 

‘’Per ora non ho ancora pianificato nulla. Un semplice tifoso non credo sia nelle mie corde (ride dicendolo). Sono comunque molto legato al Senago baseball se ci fosse qualcosa, non credo sarebbe altrove’’

21 anni fa, a soli 16 anni, esordisti in serie A2 con Lodi. Come è cambiato il baseball italiano in questi 2 decenni? 

‘’Secondo me il baseball è cambiato davvero poco. Sono cambiati i tempi e tutto il movimento non è stato al passo. A livello di gioco devo dire che sono emersi molti prospetti interessanti che sono molto più bravi di quanto eravamo noi ai nostri tempi’’

Dopo 6 anni a Lodi sei passato al San Marino con cui hai vinto 2 titoli italiani e 2 europei. Quale è stata la vittoria che ti ha dato più emozioni e perché? 

‘’Ne parlo spesso con Simone (Albanese), dato che è una domanda che ci hanno fatto spesso. Nel 2006 (la coppa) eravamo troppo piccoli per comprendere, però abbiamo iniziato a crederci. Nel 2008 nessuno avrebbe scommesso sulla nostra squadra, siamo entrati ai playoff per il rotto della cuffia e alla fine abbiamo vinto in quella che è stata una serie combattutissima. È stata una grande rivincita che mi ha dato la consapevolezza che tutto quello che ho passato per arrivare lì ne valeva la pena. Poi se ci aggiungiamo gli episodi degli ultimi 20 giorni della stagione diventa una storia da documentario Netflix che inizia con la leggenda dell'uomo volante.’’

Terminata l’esperienza sul monte Titano ti sei accasato a Rimini ed è stato subito derby in finale scudetto coi tuoi ex compagni di squadra. Come è stato affrontare in finale gli stessi giocatori con cui avevi vinto tutto la stagione precedente? I tifosi ti hanno riservato qualche ‘’trattamento speciale’’? 

‘’È stata psicologicamente molto dura perché oltre ad essere ex compagni erano e sono tuttora miei amici. Ancora oggi qualcuno si ha legato al dito la mia freddezza. Con il senno di poi non mi sarei comportato così e chiedo scusa. Per me essere freddo era l'unico modo per dimostrare il mio rispetto e giocare al meglio. I tifosi mi hanno sempre dato molto più affetto di quello che mi sono meritato, non ho mai capito bene perché ma è una delle mie gioie più grandi’’

Nel corso della tua lunga carriera hai vissuto tantissime esperienze, quanto è stato importante il supporto della tua famiglia e della tua futura moglie Alice?

‘’Senza di loro non avrei potuto fare niente. Ognuno con un ruolo diverso ha contribuito alla mia carriera e alla crescita come uomo. A partire da mio papà ‘’Buck’’ che per anni mi ha scarrozzato da Sannazzaro a Lodi (80km andare e 80 a tornare) 3-4 volte a settimana e che mi ha insegnato tutto quello che sapeva del baseball. È stato ed è tutt'ora il mio esempio di uomo. Mia mamma che mi ha fatto da mental coach e mi ha sempre aiutato a vincere sui momenti difficili, mia sorella che nonostante io monopolizzassi molto in casa è sempre stata la mia fan numero 1. Poi è arrivata Alice. Non basterebbe un libro per dire quanto ha fatto per me in questi anni, le parole per descrivere quanto è importante per me non le hanno ancora inventate.’’

Di Mirco Monda ([email protected])

Nella foto il tributi del Senago per l'ultima partita di Suardi (Bruno Spadacci)