IL BASEBALL E GLI ALTRI SPORT IN ITALIA: INTERVISTA A MICHELE NANNINI, ESPERTO DI HOCKEY SU PISTA
Continua il nostro speciale che confronta il baseball con gli altri sport di nicchia italiani. Dopo aver analizzato l'hockey su pista domenica, siamo arrivati alla sesta puntata dove abbiamo deciso di intervistare Michele Nannini, corrispondente da Follonica per i quotidiani “Il Tirreno”, "La Gazzetta dello Sport" e per i siti internet www.vivigrosseto.it e www.1sport.it .
Come potresti definire il momento dell'hockey italiano, a livello di club, attività giovanile e squadra nazionale?
Il momento dell’hockey su pista italiano rispecchia in pratica il momento generale dello sport e del paese Italia: molte squadre hanno ridotto gli investimenti rispetto al passato, puntando per chi può sui giovani del vivaio o cercando di allestire squadre competitive per i rispettivi obiettivi senza esporsi troppo a livello economico.
Le squadre di vertice godono invece di risorse un po’ più cospicue e sono in grado di allestire squadre con giocatori professionisti italiani e stranieri in modo da provare ad essere competitive anche in campo europeo, dove i nostri team però si scontrano con realtà molto più solide e radicate (cito ad esempio il Barcellona e La Coruňa in Spagna, Porto e Benfica in Portogallo) che non si possono a livello generale paragonare economicamente e numericamente alle nostre squadre di vertice. Tant’è che l’unica squadra italiana ad aver vinto una Champions League (adesso chiamata Eurolega) è stato il Follonica nel 2006.
Le nostre squadre sono invece molto più competitive nella Coppa Cers (analoga all’Europa League nel calcio) che è stata vinta più volte da team italiani ed anche in questa stagione ci sono ottime probabilità di assistere ad una final four quasi tutta tricolore.
Purtroppo da qualche stagione ogni anno siamo alle prese con squadre che si ritirano o che manifestano evidenti problemi economici (il Novara ed il Seregno solo per citare gli ultimi esempi).
L’attività dell’hockey giovanile in Italia è divisa in macroregioni per le categorie Under 13, 15, 17 e 20, con fasi finali di coppa Italia e campionato in primavera alle quali partecipano le migliori squadre classificate nei vari raggruppamenti regionali. La distribuzione delle squadre segue quella del movimento seniores. Visto il momento particolare sono molti i giocatori provenienti dalle giovanili che in queste stagioni stanno trovando spazio anche in prima squadra.
A livello di competizioni internazionali paghiamo ancora uno scotto molto evidente con le big come Spagna, Portogallo ed Argentina e spesso anche con nazioni emergenti come Francia e Svizzera. La squadra nazionale è ben lontana dai fasti soprattutto degli anni ’80, nelle ultime stagioni l’obiettivo principale è stato quello di recuperare posizioni nel ranking dopo qualche edizione sciagurata di campionati europei e mondiali. Purtroppo è mancato il ricambio fra la generazione nata negli anni ’60-’70 e quella nata negli anni ’80 e adesso paghiamo un po’ questa situazione.
Passo dopo passo il movimento sta cercando di rifondarsi: se i giovani che stanno emergendo in queste stagioni continueranno a migliorare, fra qualche anno potremo tornare a lottare per la zona medaglia nelle competizioni continentali e mondiali.
Com'è il seguito di pubblico attualmente e quanto era in passato? Qual'è stato il periodo di "massimo splendore"?
Il seguito di pubblico è legato, come accade in ogni sport, alla competitività della squadra ed al bacino disponibile. Mediamente nelle partite ordinarie l’afflusso sugli spalti è compreso in una forbice che va dai 200 ai 600 spettatori per ogni palasport con picchi che arrivano e spesso superano le 1000-1500 presenze nel caso di gare di cartello o play off.
In passato, quando esistevano piazze storiche ormai scomparse come Novara, Seregno, Monza ma anche Trieste, il livello del movimento hockeystico era complessivamente più alto con evidenti ripercussioni anche sul maggior afflusso di pubblico.
Il periodo di massimo splendore a livello generale credo si possa far risalire agli anni ’80: il top si è raggiunto nel 1986 e 1988 all’epoca dei due successi consecutivi al mondiale preceduti dal secondo posto del 1984 e seguiti dal terzo posto nel 1989. Erano anni nei quali i palasport erano pieni all’inverosimile e le finali scudetto rappresentavano degli spettacoli tecnici assoluti visti da migliaia di persone; il periodo d’oro è poi progressivamente diminuito passando per la vittoria al campionato europeo del 1990 ed il terzo posto alle Olimpiadi del 1992 in Spagna nelle quali l’hockey su pista fu sport dimostrativo (grazie all’allora presidente CIO Juan Antonio Samaranch ex portiere di hockey su pista). Ultimi colpi di coda del movimento sono stati l’argento mondiale del 1993 ed il successo di Wuppertal 1997.
Qual'è il budget medio di una squadra di serie A1 e come sono gli stipendi/rimborsi dei giocatori?
Il budget medio di una squadra di serie A1 con acclarate ambizioni di vertice può costare fra i 200 ed i 400 mila euro a stagione che possono lievitare a seconda dei progetti (spesso anche a breve termine) decisi a livello societario; le squadre di seconda fascia riescono a contenere le spese entro i 150 mila euro, chi si affida principalmente al settore giovanile e soprattutto non fa ricorso a stranieri si mantiene al di sotto di questa soglia.
Gli stipendi e rimborsi dei giocatori seguono le ambizioni delle rispettive squadre: per il gruppo di società economicamente più ricche i giocatori di primissima fascia possono anche superare i 2500-3000 euro al mese, magari affiancando altre attività di supporto come la cura dei rispettivi settori giovanili. Le cifre scendono sensibilmente mano a mano che diminuiscono le ambizioni sportive delle società fino ad arrivare a qualche centinaio di euro di rimborsi per le compagini con meno disponibilità.
In serie A1 ci sono solo squadre di provincia o paesi, pensi sia penalizzante dal punto di vista dei media e dell'appeal sul pubblico?
La presenza di squadre solo di provincia è una caratteristica che l’hockey si porta dietro da quando è nato.
Qualche tentativo di far approdare la disciplina nelle città più grandi non è maiconcretamente decollato, negli anni ’60 l’hockey era una realtà importante anche a Roma e a Milano ma nonostante un buon seguito con il passare del tempo il fenomeno si ridusse fino a scomparire del tutto.
Forse il bello di questo sport è proprio nel profondo senso di appartenenza che si crea fra i tifosi e le squadre, improbabile in grandi realtà nelle quali magari il grosso dei tifosi è attratto dagli sport maggiori.
I media nazionali ragionano con dinamiche diverse dal pubblico degli appassionati e salvo qualche sporadica eccezione, magari un personaggio o un evento particolare che esula dalla routine facendo notizia, questo sport sarà sempre destinato ad un pubblico di nicchia.
Diverso il discorso sulla copertura televisiva che grazie all’accordo con la Rai ha portato negli ultimi anni l’hockey su pista stabilmente su Raisport 2 con ottimi (a quanto è dato sapere) risultati di ascolto e qualità dei programmi realizzati.
Di sicuro la vetrina televisiva della Rai e l’emergere dei canali alternativi come social network e web-tv non possono che aumentare l’appeal di questa disciplina favorendone la diffusione.
Il campionato è gestito dalla Lega hockey, che funzioni ha questo ente e ritieni sia utile al movimento hockeysitco ?
La Lega Hockey è nata nel 1982 ed è composta dalle società iscritte ai campionati di serie A1 ed A2, organizza su mandato della Federazione Italiana Hockey e Pattinaggio i campionati di massima serie sul modello adottato anche da altri sport professionistici e non.
Credo che sia un meccanismo che funzioni e che ben si possa adattare alla realtà globale del movimento, l’importante è continuare ad investire nello sviluppo e nel rendere più appetibile la disciplina anche a livello mediatico, e da questo punto di vista ritengo che il lavoro svolto da Lega Hockey negli ultimi anni sia più che positivo visto l’aumento della presenza in Rai delle partite di hockey.
Questo sport è praticato ad alti livelli anche in Portogallo, Spagna, ed Argentina, in questi paesi ci sono campionati professionistici o la situazione economica è identica all'Italia?
In Spagna e Portogallo il movimento hockeystico è più radicato rispetto all’Italia soprattutto per il maggior numero di atleti che iniziano a praticare l’hockey su pista fin da piccoli; anche se pure in Spagna ci sono territori con maggiore diffusione rispetto al resto della nazione (la Catalogna è universalmente riconosciuta la capitale mondiale a rotelle) è indubbio che si tratta di realtà diverse, sia economicamente che storicamente. Anche in Spagna e Portogallo ci sono squadreprofessionistiche, facenti magari parte di vere e proprie polisportive, e squadre con risorse ed organizzazione interna più semplificata ma sicuramente si tratta di realtà di livello e struttura
superiore rispetto all’Italia.
A livello economico la Spagna ha stipendi e budget più elevati rispetto a noi, mentre il Portogallo si mantiene più o meno sui livelli italiani. In forte crescita è invece il movimento francese, sia come squadre di club che di nazionali.
In Argentina si gioca soprattutto nel territorio di San Juan, che rappresenta un po’ la “Catalogna” del Sud America, poi a Mendoza e a Buenos Aires anche se a livello minore, economicamente l’impatto del movimento hockeystico in Argentina è più ridotto rispetto all’Italia.
Qualche anno fa si è assistito alla "scomparsa" dell'Hockey Novara, la squadra più titolata d'Italia, ci puoi raccontare come è potuto succedere e se ci sono delle responsabilità ?
La scomparsa ufficiale dell’Hockey Novara risale al 2011 ma la crisi iniziò ben prima, già all’indomani della vittoria del trentesimo scudetto nel 2001 con le dimissioni del presidente Ubezio a causa di mancate sponsorizzazioni che avevano reso difficile la prosecuzione ad alto livello dell’attività.
Nel 2002 arrivò comunque il trentaduesimo scudetto (record negli sport di squadra in Italia) ed alla fine della stagione la crisi costrinse la società a vendere i giocatori migliori, situazione che non migliorò comunque le grosse difficoltà economiche pregresse. Nel 2008-2009 si arrivò addirittura alla retrocessione a tavolino della società, ormai di fatto abbandonata a sé stessa, per la mancanza del settore giovanile e nel 2011 cessò definitivamente l’affiliazione alla Federazione Italiana Hockey e Pattinaggio sostanzialmente per motivi burocratici.
Dal 2010 il marchio Hockey Novara venne noleggiato all’Asd Hockey Novara che conquistò nel 2012 la promozione in serie A1 ma al termine dello scorso campionato la società decise di rinunciare sia alla A1 che alla A2 per problemi economici e di stabilità societaria.
Domanda che faccio a tutti gli intervistati, come mai gli italiani guardano solo il calcio e non si interessano agli altri sport che quindi diventano "nicchie"?
Sul perché gli italiani guardino solo il calcio: prova tu a non guardarlo, fra anticipi, posticipi, pay tv, digitale terrestre, coppe, supercoppe, calcio estero di ogni estrazione non c’è giorno nel quale non ci sia, con adeguato battage pubblicitario, una partita da poter seguire comodamente in tv. Gli altri sport sono destinati a resistere fra gli appassionati, che scelgono di seguire quella disciplina per motivi territoriali o di affezione particolare.
di Davide Bertoncini
Nella foto, un momento della sfida di Coppa tra Barcelona e Porto (da FcBarcelona.com).
Come potresti definire il momento dell'hockey italiano, a livello di club, attività giovanile e squadra nazionale?
Il momento dell’hockey su pista italiano rispecchia in pratica il momento generale dello sport e del paese Italia: molte squadre hanno ridotto gli investimenti rispetto al passato, puntando per chi può sui giovani del vivaio o cercando di allestire squadre competitive per i rispettivi obiettivi senza esporsi troppo a livello economico.
Le squadre di vertice godono invece di risorse un po’ più cospicue e sono in grado di allestire squadre con giocatori professionisti italiani e stranieri in modo da provare ad essere competitive anche in campo europeo, dove i nostri team però si scontrano con realtà molto più solide e radicate (cito ad esempio il Barcellona e La Coruňa in Spagna, Porto e Benfica in Portogallo) che non si possono a livello generale paragonare economicamente e numericamente alle nostre squadre di vertice. Tant’è che l’unica squadra italiana ad aver vinto una Champions League (adesso chiamata Eurolega) è stato il Follonica nel 2006.
Le nostre squadre sono invece molto più competitive nella Coppa Cers (analoga all’Europa League nel calcio) che è stata vinta più volte da team italiani ed anche in questa stagione ci sono ottime probabilità di assistere ad una final four quasi tutta tricolore.
Purtroppo da qualche stagione ogni anno siamo alle prese con squadre che si ritirano o che manifestano evidenti problemi economici (il Novara ed il Seregno solo per citare gli ultimi esempi).
L’attività dell’hockey giovanile in Italia è divisa in macroregioni per le categorie Under 13, 15, 17 e 20, con fasi finali di coppa Italia e campionato in primavera alle quali partecipano le migliori squadre classificate nei vari raggruppamenti regionali. La distribuzione delle squadre segue quella del movimento seniores. Visto il momento particolare sono molti i giocatori provenienti dalle giovanili che in queste stagioni stanno trovando spazio anche in prima squadra.
A livello di competizioni internazionali paghiamo ancora uno scotto molto evidente con le big come Spagna, Portogallo ed Argentina e spesso anche con nazioni emergenti come Francia e Svizzera. La squadra nazionale è ben lontana dai fasti soprattutto degli anni ’80, nelle ultime stagioni l’obiettivo principale è stato quello di recuperare posizioni nel ranking dopo qualche edizione sciagurata di campionati europei e mondiali. Purtroppo è mancato il ricambio fra la generazione nata negli anni ’60-’70 e quella nata negli anni ’80 e adesso paghiamo un po’ questa situazione.
Passo dopo passo il movimento sta cercando di rifondarsi: se i giovani che stanno emergendo in queste stagioni continueranno a migliorare, fra qualche anno potremo tornare a lottare per la zona medaglia nelle competizioni continentali e mondiali.
Com'è il seguito di pubblico attualmente e quanto era in passato? Qual'è stato il periodo di "massimo splendore"?
Il seguito di pubblico è legato, come accade in ogni sport, alla competitività della squadra ed al bacino disponibile. Mediamente nelle partite ordinarie l’afflusso sugli spalti è compreso in una forbice che va dai 200 ai 600 spettatori per ogni palasport con picchi che arrivano e spesso superano le 1000-1500 presenze nel caso di gare di cartello o play off.
In passato, quando esistevano piazze storiche ormai scomparse come Novara, Seregno, Monza ma anche Trieste, il livello del movimento hockeystico era complessivamente più alto con evidenti ripercussioni anche sul maggior afflusso di pubblico.
Il periodo di massimo splendore a livello generale credo si possa far risalire agli anni ’80: il top si è raggiunto nel 1986 e 1988 all’epoca dei due successi consecutivi al mondiale preceduti dal secondo posto del 1984 e seguiti dal terzo posto nel 1989. Erano anni nei quali i palasport erano pieni all’inverosimile e le finali scudetto rappresentavano degli spettacoli tecnici assoluti visti da migliaia di persone; il periodo d’oro è poi progressivamente diminuito passando per la vittoria al campionato europeo del 1990 ed il terzo posto alle Olimpiadi del 1992 in Spagna nelle quali l’hockey su pista fu sport dimostrativo (grazie all’allora presidente CIO Juan Antonio Samaranch ex portiere di hockey su pista). Ultimi colpi di coda del movimento sono stati l’argento mondiale del 1993 ed il successo di Wuppertal 1997.
Qual'è il budget medio di una squadra di serie A1 e come sono gli stipendi/rimborsi dei giocatori?
Il budget medio di una squadra di serie A1 con acclarate ambizioni di vertice può costare fra i 200 ed i 400 mila euro a stagione che possono lievitare a seconda dei progetti (spesso anche a breve termine) decisi a livello societario; le squadre di seconda fascia riescono a contenere le spese entro i 150 mila euro, chi si affida principalmente al settore giovanile e soprattutto non fa ricorso a stranieri si mantiene al di sotto di questa soglia.
Gli stipendi e rimborsi dei giocatori seguono le ambizioni delle rispettive squadre: per il gruppo di società economicamente più ricche i giocatori di primissima fascia possono anche superare i 2500-3000 euro al mese, magari affiancando altre attività di supporto come la cura dei rispettivi settori giovanili. Le cifre scendono sensibilmente mano a mano che diminuiscono le ambizioni sportive delle società fino ad arrivare a qualche centinaio di euro di rimborsi per le compagini con meno disponibilità.
In serie A1 ci sono solo squadre di provincia o paesi, pensi sia penalizzante dal punto di vista dei media e dell'appeal sul pubblico?
La presenza di squadre solo di provincia è una caratteristica che l’hockey si porta dietro da quando è nato.
Qualche tentativo di far approdare la disciplina nelle città più grandi non è maiconcretamente decollato, negli anni ’60 l’hockey era una realtà importante anche a Roma e a Milano ma nonostante un buon seguito con il passare del tempo il fenomeno si ridusse fino a scomparire del tutto.
Forse il bello di questo sport è proprio nel profondo senso di appartenenza che si crea fra i tifosi e le squadre, improbabile in grandi realtà nelle quali magari il grosso dei tifosi è attratto dagli sport maggiori.
I media nazionali ragionano con dinamiche diverse dal pubblico degli appassionati e salvo qualche sporadica eccezione, magari un personaggio o un evento particolare che esula dalla routine facendo notizia, questo sport sarà sempre destinato ad un pubblico di nicchia.
Diverso il discorso sulla copertura televisiva che grazie all’accordo con la Rai ha portato negli ultimi anni l’hockey su pista stabilmente su Raisport 2 con ottimi (a quanto è dato sapere) risultati di ascolto e qualità dei programmi realizzati.
Di sicuro la vetrina televisiva della Rai e l’emergere dei canali alternativi come social network e web-tv non possono che aumentare l’appeal di questa disciplina favorendone la diffusione.
Il campionato è gestito dalla Lega hockey, che funzioni ha questo ente e ritieni sia utile al movimento hockeysitco ?
La Lega Hockey è nata nel 1982 ed è composta dalle società iscritte ai campionati di serie A1 ed A2, organizza su mandato della Federazione Italiana Hockey e Pattinaggio i campionati di massima serie sul modello adottato anche da altri sport professionistici e non.
Credo che sia un meccanismo che funzioni e che ben si possa adattare alla realtà globale del movimento, l’importante è continuare ad investire nello sviluppo e nel rendere più appetibile la disciplina anche a livello mediatico, e da questo punto di vista ritengo che il lavoro svolto da Lega Hockey negli ultimi anni sia più che positivo visto l’aumento della presenza in Rai delle partite di hockey.
Questo sport è praticato ad alti livelli anche in Portogallo, Spagna, ed Argentina, in questi paesi ci sono campionati professionistici o la situazione economica è identica all'Italia?
In Spagna e Portogallo il movimento hockeystico è più radicato rispetto all’Italia soprattutto per il maggior numero di atleti che iniziano a praticare l’hockey su pista fin da piccoli; anche se pure in Spagna ci sono territori con maggiore diffusione rispetto al resto della nazione (la Catalogna è universalmente riconosciuta la capitale mondiale a rotelle) è indubbio che si tratta di realtà diverse, sia economicamente che storicamente. Anche in Spagna e Portogallo ci sono squadreprofessionistiche, facenti magari parte di vere e proprie polisportive, e squadre con risorse ed organizzazione interna più semplificata ma sicuramente si tratta di realtà di livello e struttura
superiore rispetto all’Italia.
A livello economico la Spagna ha stipendi e budget più elevati rispetto a noi, mentre il Portogallo si mantiene più o meno sui livelli italiani. In forte crescita è invece il movimento francese, sia come squadre di club che di nazionali.
In Argentina si gioca soprattutto nel territorio di San Juan, che rappresenta un po’ la “Catalogna” del Sud America, poi a Mendoza e a Buenos Aires anche se a livello minore, economicamente l’impatto del movimento hockeystico in Argentina è più ridotto rispetto all’Italia.
Qualche anno fa si è assistito alla "scomparsa" dell'Hockey Novara, la squadra più titolata d'Italia, ci puoi raccontare come è potuto succedere e se ci sono delle responsabilità ?
La scomparsa ufficiale dell’Hockey Novara risale al 2011 ma la crisi iniziò ben prima, già all’indomani della vittoria del trentesimo scudetto nel 2001 con le dimissioni del presidente Ubezio a causa di mancate sponsorizzazioni che avevano reso difficile la prosecuzione ad alto livello dell’attività.
Nel 2002 arrivò comunque il trentaduesimo scudetto (record negli sport di squadra in Italia) ed alla fine della stagione la crisi costrinse la società a vendere i giocatori migliori, situazione che non migliorò comunque le grosse difficoltà economiche pregresse. Nel 2008-2009 si arrivò addirittura alla retrocessione a tavolino della società, ormai di fatto abbandonata a sé stessa, per la mancanza del settore giovanile e nel 2011 cessò definitivamente l’affiliazione alla Federazione Italiana Hockey e Pattinaggio sostanzialmente per motivi burocratici.
Dal 2010 il marchio Hockey Novara venne noleggiato all’Asd Hockey Novara che conquistò nel 2012 la promozione in serie A1 ma al termine dello scorso campionato la società decise di rinunciare sia alla A1 che alla A2 per problemi economici e di stabilità societaria.
Domanda che faccio a tutti gli intervistati, come mai gli italiani guardano solo il calcio e non si interessano agli altri sport che quindi diventano "nicchie"?
Sul perché gli italiani guardino solo il calcio: prova tu a non guardarlo, fra anticipi, posticipi, pay tv, digitale terrestre, coppe, supercoppe, calcio estero di ogni estrazione non c’è giorno nel quale non ci sia, con adeguato battage pubblicitario, una partita da poter seguire comodamente in tv. Gli altri sport sono destinati a resistere fra gli appassionati, che scelgono di seguire quella disciplina per motivi territoriali o di affezione particolare.
di Davide Bertoncini
Nella foto, un momento della sfida di Coppa tra Barcelona e Porto (da FcBarcelona.com).