L'HAKA DELLA NUOVA ZELANDA TRA I MOMENTI PIU' BELLI DEL GIRONE DI QUALIFICAZIONE DI SIDNEY
Nonostante l'eliminazione nella semifinale di consolazione con il Sudafrica, la Nuova Zelanada è stata probabilmente una delle squadre che più ha colpito il pubblico di Sidney in occasione del girone di qualificazione al prossimo World Baseball Classic.
La loro Haka, infatti, è stato il momento decisamente più caratteristico dell'intera manifestazione.
Siamo abituati allo spettacolo che ne viene offerto dagli All Blacks del rugby, ma anche nel baseball, la danza del rituale maori aiuta gli atleti a caricarsi prima di una gara. Nessuna musica, ma il suono di mani che picchiano sul petto, sulle braccia e sulle gambe, di piedi che battono sul terreno e tengono il tempo alle voci, prima urlate dal giocatore di sangue maori più anziano del team e, poi, ripetute dal resto della squadra. Servono da incitamento a chi deve affrontare la partita e gli occhi roteanti, i denti digrignati, la lingua mostrata sfidando gli avversari, hanno il compito di intimidire la fazione nemica.
La tradizione vuole che si risponda alla Haka con una intensità pari e contraria, ma non è nella cultura occidentale utilizzare questo tipo di cerimoniale e, così, le squadre avversarie dei neozelandesi si limitano ad assistere a questo rituale stringendosi fianco a fianco, come a dimostrare la compattezza del gruppo.
Sicuramente un momento di emozione per chiunque si trovi ad assistere: il pubblico sulle tribune ascolta in silenzio e rispettoso per poi scoppiare sempre, alla fine, in un applauso che è al contempo di approvazione e di liberazione.
Crediamo che sia importante, in questa epoca di disattenzione o, addirittura, di colpevole dimenticanza, avere l'esempio e l'insegnamento di chi porta ancora in campo l'identità della sua razza.
di Cristina Pivirotto
Nella foto, un momento dell'Haka da parte della nazionale neozelandese (da World Baseball Classic Official Facebook Page).
La loro Haka, infatti, è stato il momento decisamente più caratteristico dell'intera manifestazione.
Siamo abituati allo spettacolo che ne viene offerto dagli All Blacks del rugby, ma anche nel baseball, la danza del rituale maori aiuta gli atleti a caricarsi prima di una gara. Nessuna musica, ma il suono di mani che picchiano sul petto, sulle braccia e sulle gambe, di piedi che battono sul terreno e tengono il tempo alle voci, prima urlate dal giocatore di sangue maori più anziano del team e, poi, ripetute dal resto della squadra. Servono da incitamento a chi deve affrontare la partita e gli occhi roteanti, i denti digrignati, la lingua mostrata sfidando gli avversari, hanno il compito di intimidire la fazione nemica.
La tradizione vuole che si risponda alla Haka con una intensità pari e contraria, ma non è nella cultura occidentale utilizzare questo tipo di cerimoniale e, così, le squadre avversarie dei neozelandesi si limitano ad assistere a questo rituale stringendosi fianco a fianco, come a dimostrare la compattezza del gruppo.
Sicuramente un momento di emozione per chiunque si trovi ad assistere: il pubblico sulle tribune ascolta in silenzio e rispettoso per poi scoppiare sempre, alla fine, in un applauso che è al contempo di approvazione e di liberazione.
Crediamo che sia importante, in questa epoca di disattenzione o, addirittura, di colpevole dimenticanza, avere l'esempio e l'insegnamento di chi porta ancora in campo l'identità della sua razza.
di Cristina Pivirotto
Nella foto, un momento dell'Haka da parte della nazionale neozelandese (da World Baseball Classic Official Facebook Page).