GIOVANNI PANTALEONI: COSA SUCCEDE QUANDO I GRANDI SMETTONO
Prima o poi capita di dover salutare i campioni di ogni disciplina che, quando ritengono sia arrivato il momento opportuno, decidono di appendere al chiodo l’attrezzo del mestiere.
Nella nostra mente ognuno di noi ha certamente ben impresse le immagini di addii illustri. E spesso si tratta di emozionanti flash legati a calciatori, immortali bandiere di squadre nelle quali hanno militato per anni ed anni.
Molto meno di frequente, eventi più unici che rari, vengono ricordati i momenti che vedono come protagonisti grandi giocatori che pongono fine alla loro carriera negli sport considerati minori.
Ovviamente più seguito è lo sport in questione e maggiore è il doveroso tributo che viene concesso all’atleta. Sono due aspetti direttamente proporzionali tra loro.
Può anche capitare che un agonista decida di smettere all’improvviso, a stagione conclusa, perdendosi così festeggiamenti a lui dedicati, standing ovations e commozione. In sostanza quanto accaduto a Giovanni Pantaleoni, che martedì ha annunciato il suo addio al baseball giocato.
Fuoriclasse. Una notizia nell’aria da un po’ed una volta ufficializzata è anche suonata come una sorta di sentenza. Si, perché senza un atleta del calibro del “Panta” a rimetterci non è solo la T&A, che perde uno dei suoi pezzi da novanta. Infatti in sedici anni vissuti da protagonista nella lega italiana, l’ex interno marchigiano si è costruito una credibilità talmente inscalfibile per cui provare stima nei suoi confronti è sempre stato di una facilità disarmante. Un’impresa non di poco conto, frutto di un mix di elementi unici e probabilmente irripetibili in un singolo giocatore.
Basti pensare alle incredibili capacità tecniche, espresse sempre con quell’inconfondibile eleganza che rendeva onore alla nobiltà insita nel significato originario del baseball. Il 36enne di Cupramontana, in campo, è spesso riuscito a far apparire semplici anche le giocate più complesse. In difesa dell’hot corner di terza, nel Vecchio Continente, poteva contare pochi rivali. E l’affidabilità del guanto non è certo diminuita quando, per varie esigenze, si è calato nei panni del prima base o dell’esterno. Nel box quasi pareva non sentire la pressione e, soprattutto nell’esperienza sammarinese ma anche nelle precedenti annate fortitudine, ha dimostrato di saper essere un eccellente battitore di contatto in grado di muovere con intelligenza i corridori sulle basi.
Umanamente fenomeno. A tali qualità, che già sarebbero risultate sufficienti per renderlo grande, ha sempre accompagnato una disponibilità rara nel mondo dello sport. Una presenza mai scomoda od arrogante, sempre positiva e gradita, capace di innalzarlo ad uomo immagine dei suoi team di appartenenza. E’ per questo che senza Pantaleoni è tutto il movimento del batti e corri “made in Italy” a perdere un elemento importante. In soldoni stiamo parlando di un vero e proprio simbolo, perché con guanto e mazza il giocatore in questione ha scritto estesi capitoli della storia del baseball tricolore. La sua personalissima bacheca parla per lui: sette scudetti, due Coppa Campioni, quattro Coppa Italia ed un Europeo con la Nazionale. Non meno rilevante la partecipazione alle Olimpiadi di Atene, nel 2004.
Leggenda. Sicuramente “Panta”, nei trionfi collezionati, era inserito in contesti vincenti, ben organizzati, costruiti per conquistare successi. Il suo apporto, però, è sempre risultato decisivo e mai banale. Se fosse stato un profilo secondario nei roster in cui era inserito, probabilmente non avrebbe vestito solo ed esclusivamente le casacche di prestigiose società quali sono Rimini, Bologna e San Marino. La sua stella non è mai stata oscurata nemmeno dagli atleti stranieri più validi. Quanti ASI possiamo contare che, nel bel mezzo della carriera, si sono accasati in provincia o addirittura sono scesi di categoria? Moltissimi. Pantaleoni, invece, si è sempre migliorato, ha continuato a vincere ed in corpo, probabilmente, aveva ancora un paio di stagioni da disputare al top. Un autentico fuoriclasse che, per classe e stile, è sempre stato almeno un paio di spanne sopra a tanti suoi colleghi. E’ per questo, ed altri motivi che magari scopriremo col passare del tempo, che la sua assenza in campo si farà sentire a livello generale, al di là dei vari credo professati dai tifosi. Come d’altronde accade quando sono i grandi a smettere.
di Matteo Petrucci
Nella foto, Giovanni Pantaleoni posa in uno scatto inedito di Corrado Benedetti - Oldmanagency.
Nella nostra mente ognuno di noi ha certamente ben impresse le immagini di addii illustri. E spesso si tratta di emozionanti flash legati a calciatori, immortali bandiere di squadre nelle quali hanno militato per anni ed anni.
Molto meno di frequente, eventi più unici che rari, vengono ricordati i momenti che vedono come protagonisti grandi giocatori che pongono fine alla loro carriera negli sport considerati minori.
Ovviamente più seguito è lo sport in questione e maggiore è il doveroso tributo che viene concesso all’atleta. Sono due aspetti direttamente proporzionali tra loro.
Può anche capitare che un agonista decida di smettere all’improvviso, a stagione conclusa, perdendosi così festeggiamenti a lui dedicati, standing ovations e commozione. In sostanza quanto accaduto a Giovanni Pantaleoni, che martedì ha annunciato il suo addio al baseball giocato.
Fuoriclasse. Una notizia nell’aria da un po’ed una volta ufficializzata è anche suonata come una sorta di sentenza. Si, perché senza un atleta del calibro del “Panta” a rimetterci non è solo la T&A, che perde uno dei suoi pezzi da novanta. Infatti in sedici anni vissuti da protagonista nella lega italiana, l’ex interno marchigiano si è costruito una credibilità talmente inscalfibile per cui provare stima nei suoi confronti è sempre stato di una facilità disarmante. Un’impresa non di poco conto, frutto di un mix di elementi unici e probabilmente irripetibili in un singolo giocatore.
Basti pensare alle incredibili capacità tecniche, espresse sempre con quell’inconfondibile eleganza che rendeva onore alla nobiltà insita nel significato originario del baseball. Il 36enne di Cupramontana, in campo, è spesso riuscito a far apparire semplici anche le giocate più complesse. In difesa dell’hot corner di terza, nel Vecchio Continente, poteva contare pochi rivali. E l’affidabilità del guanto non è certo diminuita quando, per varie esigenze, si è calato nei panni del prima base o dell’esterno. Nel box quasi pareva non sentire la pressione e, soprattutto nell’esperienza sammarinese ma anche nelle precedenti annate fortitudine, ha dimostrato di saper essere un eccellente battitore di contatto in grado di muovere con intelligenza i corridori sulle basi.
Umanamente fenomeno. A tali qualità, che già sarebbero risultate sufficienti per renderlo grande, ha sempre accompagnato una disponibilità rara nel mondo dello sport. Una presenza mai scomoda od arrogante, sempre positiva e gradita, capace di innalzarlo ad uomo immagine dei suoi team di appartenenza. E’ per questo che senza Pantaleoni è tutto il movimento del batti e corri “made in Italy” a perdere un elemento importante. In soldoni stiamo parlando di un vero e proprio simbolo, perché con guanto e mazza il giocatore in questione ha scritto estesi capitoli della storia del baseball tricolore. La sua personalissima bacheca parla per lui: sette scudetti, due Coppa Campioni, quattro Coppa Italia ed un Europeo con la Nazionale. Non meno rilevante la partecipazione alle Olimpiadi di Atene, nel 2004.
Leggenda. Sicuramente “Panta”, nei trionfi collezionati, era inserito in contesti vincenti, ben organizzati, costruiti per conquistare successi. Il suo apporto, però, è sempre risultato decisivo e mai banale. Se fosse stato un profilo secondario nei roster in cui era inserito, probabilmente non avrebbe vestito solo ed esclusivamente le casacche di prestigiose società quali sono Rimini, Bologna e San Marino. La sua stella non è mai stata oscurata nemmeno dagli atleti stranieri più validi. Quanti ASI possiamo contare che, nel bel mezzo della carriera, si sono accasati in provincia o addirittura sono scesi di categoria? Moltissimi. Pantaleoni, invece, si è sempre migliorato, ha continuato a vincere ed in corpo, probabilmente, aveva ancora un paio di stagioni da disputare al top. Un autentico fuoriclasse che, per classe e stile, è sempre stato almeno un paio di spanne sopra a tanti suoi colleghi. E’ per questo, ed altri motivi che magari scopriremo col passare del tempo, che la sua assenza in campo si farà sentire a livello generale, al di là dei vari credo professati dai tifosi. Come d’altronde accade quando sono i grandi a smettere.
di Matteo Petrucci
Nella foto, Giovanni Pantaleoni posa in uno scatto inedito di Corrado Benedetti - Oldmanagency.