QUANDO LA VITA TI DA' UNA SECONDA OPPORTUNITA', LA DEVI PRENDERE E CERCARE DI RAGGIUNGERE IL TUO SOGNO...
Tante volte, al giorno d'oggi, capita di commettere un semplice errore, con il rischio che quest'ultimo possa condizionare il nostro futuro o il futuro delle persone a noi più care. Ad esempio, una semplice incomprensione con la propria ragazza può interrompere un rapporto che pareva essere destinato a durare per sempre così come andare oltre le regole può farti perdere certe opportunità che mai avresti pensato di avere. Ora, in occasione del Natale 2012, questa storia ci insegna che a volte, nella vita, le seconde occasioni si possano ripresentare. Ed è lì, in quelle circostanze, che bisogna saperle cogliere al volo, evitando di ripetere gli errori del passato e cercando di raggiungere quegli obiettivi che ti eri prefissato di compiere.
C'è praticamente il tutto esaurito al Safeco Field di Seattle. 45.726 spettatori si sono infatti ritrovati sugli spalti del proprio stadio per salutare i propri beniamini all'esordio casalingo del campionato 2011. I volti di alcuni dei giocatori in campo mostrano grande tranquillità in quanto hanno già affrontato in carriera la festa dell'Opening Day e non sono toccati minimamente dalla tensione. Ichiro Suzuki, ad esempio, scherza con un inserviente prima di andare a riscaldarsi, mentre Felix Hernandez è calmo e rilassato come non mai. Altri compagni invece hanno emozioni opposte. L'agitazione è visibile sul loro viso. Per molti di loro, infatti, questa è una prima volta, come quando hanno mosso i primi passi da bambini o quando sono entrati tra le mura di scuola abbandonando, tra le lacrime, le proprie madri. Il promettente lanciatore al primo anno Micheal Pineda è uno di loro. Per la stella domincana, questo è il primo Opening Day della sua vita. Anche Tom Wilhelmsen non ha mai visto nulla di tutto ciò. Lui, però, a differenza del compagno di squadra, non è più giovanissimo. Non ha più ventuno anni, ma ventisette. Per lui non esistono altre chiamate. Questa è la sua ultima opportunità di sfondare nel mondo della Major League.
I Seattle Mariners sono una delle squadre con più difficoltà dell'intero campionato. E' impossibile negarlo. L'anno prima hanno chiuso con 101 sconfitte e con record pessimi in attacco. Anche la stagione 2011 sembra prendere la stessa strada. Dopo 2 vittorie iniziali, ecco arrivare una striscia di 4 incontri persi di fila, che sono prossimi a diventare 5. I Cleveland Indians capitanati da Travis Hafner stanno infatti conducendo per 5 a 0 dopo neanche 4 attacchi completi di gioco. Jason Vargas, partente della squadra di casa, non riesce più a trovare il modo di eliminare gli avversari. Nel frattempo, viene chiamato a riscaldarsi “il nostro” Tom Wilhelmsen. Una palla veloce prima, un lancio curvo dopo ed è già arrivato il momento del cambio. Esce Vargas ed entra il pitcher originario di Tucson, Arizona, che, durante il tragitto che va dal bullpen al monte di lancio, ha l'opportunità di rivivere tutta la sua pazza vita, compresa la sua folle e incredibile carriera di giocatore.
Tom Wilhelmsen è un ragazzo fortunato, nato con un braccio destro niente male. La grande dedizione mostrata a scuola durante le partite viene subito notata dagli scout di alcune squadre della Major League. I più veloci a ingaggiarlo sono i Milwaukee Brewers, che lo draftano nel 2003. Il lanciatore se la cava, parte bene in Singolo A ed è praticamente sicuro di essere promosso in Doppio A, trovandosi di fatto a metà strada dal sogno di esordire sui campi da gioco della Grande Lega. Ma l'età fa commettere errori. Chi non li ha mai fatti quando si avevano vent'anni? Per due volte, Tom viene infatti trovato positivo a un test di marijuana. Nel primo caso, i Brewers decidono di chiudere un occhio, ma, alla seconda positività, optano di tagliare il giocatore che, in questo modo, vede naufragare tutti i propri sogni per il futuro.
Wilhelmsen si perde d'animo. Una volta tornato a Tucson, decide di appendere il guantone al chiodo e di darsi all'escursionismo. Parte alla scoperta dei più grandi parchi americani. In poche parole si allontana dai suoi cari alla ricerca di trovare sé stesso. Passano i giorni, che diventano inevitabilmente settimane. Poi ecco il ritorno a casa. Qui cerca di diventare il barista al “The Hut”, ma davanti a lui c'è una lunga lista di candidate da sbaragliare per aver il posto. Il ragazzo ha voglia di lavorare, ha voglia di ripartire da zero e convince i proprietari ad assumerlo. Diventa così un bartender. Nel frattempo, Tom ritrova anche la sua ex fidanzata del college, con la quale decide di partire successivamente alla volta dell'Europa. Prima vola a Parigi alla scoperta di Notre Dame, poi giunge a Monaco di Baviera dove ha la possibilità di godersi la festa dell'Oktoberfest. Arriva anche in Italia dove ammira da vicino la statua del David di Michelangelo. In questo modo, però, perde tutta la stagione 2006.
L'amore, potremmo dire, lo riporta nuovamente sulla giusta strada perchè una volta ritornato a casa decide di sposare Cassie, la sua ragazza, e capisce di doverle dare un futuro sicuro. Riprende così il guantone e ritorna a lanciare sul serio, stanco delle partite di softball con la moglie e soprattutto di giocare esterno centro, lui che un tempo era un lanciatore nelle Leghe Minori. Tom deve quindi rifare tutta la gavetta necessaria per cercare di farsi notare ancora una volta da una qualche squadra di Major League. Riparte così dai 900 dollari al mese con i Tucson Toros in Golden League, una delle tante Independent League sparse per il paese. Nel frattempo, il suo agente cerca di smuovere un po' le acque, riesce a contattare Jack Zduriencik, ora General Manager ai Mariners ma Direttore dello Scouting dei Brewers quando il ragazzo era a Milwaukee e gli annuncia del ritorno in campo del suo assistito.
Il lanciatore, ora più maturo di testa, viene subito visionato e opzionato da Seattle. L'ascesa è veloce anche perchè, nonostante l'età non più giovanissima, Wilhelmsen lancia ancora bene e con discreta velocità. Dopo aver disputato il 2010 in Singolo A, ecco arrivare la chiamata per lo Spring Training di Major League e successivamente l'entrata ufficiale nel roster di Seattle per l'annata 2011. Già il fatto di far parte della squadra di MLB era stato un miracolo sportivo ma il fatto di lanciare, subito, all'esordio casalingo lo è ancora di più. Lo capisce subito Tom una volta arrivato sul monte. Pensa a quanto è stato fortunato ad aver avuto una nuova possibilità dopo aver visto volare via i propri sogni per quelle sciocchezze commesse da giovane. E' consapevole della fortuna che ha avuto e ha capito che lottare duramente, ripartendo anche da zero come nel suo caso, porta sempre a dei risultati.
Ora, quel numero 54 particolarmente emozionato in occasione dell'Opening Game del 2011 è diventato il closer dei Seattle Mariners. Ricopre uno dei ruoli più importanti in una squadra di baseball, visto che è suo compito lanciare il nono inning, l'ultimo della partita, e portare così a casa la vittoria per la sua squadra. Un traguardo niente male per una persona che era diventata un semplice escursionista nei Grandi Parchi americani.
di Daniele Mattioli
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C'è praticamente il tutto esaurito al Safeco Field di Seattle. 45.726 spettatori si sono infatti ritrovati sugli spalti del proprio stadio per salutare i propri beniamini all'esordio casalingo del campionato 2011. I volti di alcuni dei giocatori in campo mostrano grande tranquillità in quanto hanno già affrontato in carriera la festa dell'Opening Day e non sono toccati minimamente dalla tensione. Ichiro Suzuki, ad esempio, scherza con un inserviente prima di andare a riscaldarsi, mentre Felix Hernandez è calmo e rilassato come non mai. Altri compagni invece hanno emozioni opposte. L'agitazione è visibile sul loro viso. Per molti di loro, infatti, questa è una prima volta, come quando hanno mosso i primi passi da bambini o quando sono entrati tra le mura di scuola abbandonando, tra le lacrime, le proprie madri. Il promettente lanciatore al primo anno Micheal Pineda è uno di loro. Per la stella domincana, questo è il primo Opening Day della sua vita. Anche Tom Wilhelmsen non ha mai visto nulla di tutto ciò. Lui, però, a differenza del compagno di squadra, non è più giovanissimo. Non ha più ventuno anni, ma ventisette. Per lui non esistono altre chiamate. Questa è la sua ultima opportunità di sfondare nel mondo della Major League.
I Seattle Mariners sono una delle squadre con più difficoltà dell'intero campionato. E' impossibile negarlo. L'anno prima hanno chiuso con 101 sconfitte e con record pessimi in attacco. Anche la stagione 2011 sembra prendere la stessa strada. Dopo 2 vittorie iniziali, ecco arrivare una striscia di 4 incontri persi di fila, che sono prossimi a diventare 5. I Cleveland Indians capitanati da Travis Hafner stanno infatti conducendo per 5 a 0 dopo neanche 4 attacchi completi di gioco. Jason Vargas, partente della squadra di casa, non riesce più a trovare il modo di eliminare gli avversari. Nel frattempo, viene chiamato a riscaldarsi “il nostro” Tom Wilhelmsen. Una palla veloce prima, un lancio curvo dopo ed è già arrivato il momento del cambio. Esce Vargas ed entra il pitcher originario di Tucson, Arizona, che, durante il tragitto che va dal bullpen al monte di lancio, ha l'opportunità di rivivere tutta la sua pazza vita, compresa la sua folle e incredibile carriera di giocatore.
Tom Wilhelmsen è un ragazzo fortunato, nato con un braccio destro niente male. La grande dedizione mostrata a scuola durante le partite viene subito notata dagli scout di alcune squadre della Major League. I più veloci a ingaggiarlo sono i Milwaukee Brewers, che lo draftano nel 2003. Il lanciatore se la cava, parte bene in Singolo A ed è praticamente sicuro di essere promosso in Doppio A, trovandosi di fatto a metà strada dal sogno di esordire sui campi da gioco della Grande Lega. Ma l'età fa commettere errori. Chi non li ha mai fatti quando si avevano vent'anni? Per due volte, Tom viene infatti trovato positivo a un test di marijuana. Nel primo caso, i Brewers decidono di chiudere un occhio, ma, alla seconda positività, optano di tagliare il giocatore che, in questo modo, vede naufragare tutti i propri sogni per il futuro.
Wilhelmsen si perde d'animo. Una volta tornato a Tucson, decide di appendere il guantone al chiodo e di darsi all'escursionismo. Parte alla scoperta dei più grandi parchi americani. In poche parole si allontana dai suoi cari alla ricerca di trovare sé stesso. Passano i giorni, che diventano inevitabilmente settimane. Poi ecco il ritorno a casa. Qui cerca di diventare il barista al “The Hut”, ma davanti a lui c'è una lunga lista di candidate da sbaragliare per aver il posto. Il ragazzo ha voglia di lavorare, ha voglia di ripartire da zero e convince i proprietari ad assumerlo. Diventa così un bartender. Nel frattempo, Tom ritrova anche la sua ex fidanzata del college, con la quale decide di partire successivamente alla volta dell'Europa. Prima vola a Parigi alla scoperta di Notre Dame, poi giunge a Monaco di Baviera dove ha la possibilità di godersi la festa dell'Oktoberfest. Arriva anche in Italia dove ammira da vicino la statua del David di Michelangelo. In questo modo, però, perde tutta la stagione 2006.
L'amore, potremmo dire, lo riporta nuovamente sulla giusta strada perchè una volta ritornato a casa decide di sposare Cassie, la sua ragazza, e capisce di doverle dare un futuro sicuro. Riprende così il guantone e ritorna a lanciare sul serio, stanco delle partite di softball con la moglie e soprattutto di giocare esterno centro, lui che un tempo era un lanciatore nelle Leghe Minori. Tom deve quindi rifare tutta la gavetta necessaria per cercare di farsi notare ancora una volta da una qualche squadra di Major League. Riparte così dai 900 dollari al mese con i Tucson Toros in Golden League, una delle tante Independent League sparse per il paese. Nel frattempo, il suo agente cerca di smuovere un po' le acque, riesce a contattare Jack Zduriencik, ora General Manager ai Mariners ma Direttore dello Scouting dei Brewers quando il ragazzo era a Milwaukee e gli annuncia del ritorno in campo del suo assistito.
Il lanciatore, ora più maturo di testa, viene subito visionato e opzionato da Seattle. L'ascesa è veloce anche perchè, nonostante l'età non più giovanissima, Wilhelmsen lancia ancora bene e con discreta velocità. Dopo aver disputato il 2010 in Singolo A, ecco arrivare la chiamata per lo Spring Training di Major League e successivamente l'entrata ufficiale nel roster di Seattle per l'annata 2011. Già il fatto di far parte della squadra di MLB era stato un miracolo sportivo ma il fatto di lanciare, subito, all'esordio casalingo lo è ancora di più. Lo capisce subito Tom una volta arrivato sul monte. Pensa a quanto è stato fortunato ad aver avuto una nuova possibilità dopo aver visto volare via i propri sogni per quelle sciocchezze commesse da giovane. E' consapevole della fortuna che ha avuto e ha capito che lottare duramente, ripartendo anche da zero come nel suo caso, porta sempre a dei risultati.
Ora, quel numero 54 particolarmente emozionato in occasione dell'Opening Game del 2011 è diventato il closer dei Seattle Mariners. Ricopre uno dei ruoli più importanti in una squadra di baseball, visto che è suo compito lanciare il nono inning, l'ultimo della partita, e portare così a casa la vittoria per la sua squadra. Un traguardo niente male per una persona che era diventata un semplice escursionista nei Grandi Parchi americani.
di Daniele Mattioli
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