Con l'avvicinarsi della gioiosità natalizia, iniziano a stemperarsi i grossi lividi sui nostri corpi calzettati di rosso. Quei dolorosi lividi causati dalla batosta settembrina, quella mazzata che sarà meglio archiviare il più presto possibile.
Una batosta pre-autunnale che ha colto di sorpresa i tifosi, gli addetti ai lavori, la società (che già si stava organizzando logisticamente per le trasferte da post-season), i giocatori stessi ed il nostro caro Francona che ha pagato con l'esilio i "sonnellini" del suo intero parco lanciatori.
Il terremoto di settembre, provocato non tanto dalla rimonta di Tampa, ma proprio dal "lasciarsi morire" senza reagire dei Bostonians ha lasciato un solco insanabile tra proprietà e diamante.

Un trauma che lascia dei segni indelebili sulla stagione 2011 e non solo, perché tutto è cambiato, tutto è stravolto, "TUTTO" non sarà come prima: la famosa coppia d'oro formata da Tito Francona e Theo Epstain non abita più dalle nostre parti. Di sicuro sentiremo ancora parlare del Theo, prevedibile predestinato a far crollare prossimamente un'altra maledizione; dopo aver cancellato 86 anni di astinenza in casa Red Sox, provvederà a sanare l'oltre secolo di delusioni in zona Cubs. A Chicago si stanno preparando a vivere il loro "2004" e magari, visto che sognare non costa nulla, perché proprio in una gara-7 contro i cugini sponda White-Sox ?

Prima di avventurarci in considerazioni sul nuovo duo di Boston, Ben Cherington - Bobby Valentine, (numerose sono le bocche storte e smorfie di dolore sul viso di molti fans al solo udire la nuova accoppiata…) pensiamo positivo: male che vada, salvaguarderemo le nostre coronarie se già ad agosto saremo fuori dai play-off, invece di rovinarci la salute a settembre!
Ok. Datovi il tempo di aggiustarvi il cavallo dei pantaloni con l'intento di camuffare il doveroso gesto scaramantico prettamente maschile…parliamo ora di mercato.

"Ma no, ma no, ma no, ma no"(periodico)...questo è stato il mio commento alla notizia della partenza del "nostro" Papelbon.
"Ma no, ma no, ma no, ma no", abbiamo perso il nostro ragazzo, il nostro "faccia da duro", il "cattivo" che caricava il pubblico del Fenway Park, il perfetto closer del dopo 2004. Abbiamo perso il nostro ragazzo tirato su dopo un percorso attraverso Sarasota in Single-A, Portland in Double-A, Pawtucket in Triple-A, via via, veloce in prima squadra, perché Paps meritava il grande pubblico.
Abbiamo perso il carisma e la carica che Papelbon ci sapeva regalare: dalla "Papelbon-Dance" a seguito della vittoria del 2007, fino alla mitica parata festante sul carro insieme ai Dropkick Murphys e la loro canzone diventata simbolo delle vittorie Red Sox. Quando arrivava il momento del closer al Fenway park, "LUI" usciva dal bullpen e correva verso il monte accompagnato dalle note di  "I'm Shipping Up to Boston" a tutto volume, brusco stop scenografico della sua corsa appena rientrava sull'erba finita la terra rossa e camminata lenta, scaramantica, meditata e gasata, fino al suo monte dove trovava my Captain Jason Varitek ad attenderlo.
Suonerà ancora al Fenway Park quella canzone? Sarà la stessa cosa con Bard o chi per lui?

Jonathan Papelbon, andate a vederlo ora, nella sua pagina MLB Bio-Stats nell'Active Rooster dei Phillies. Vi prego, aprite quella pagina internet che "descrive" il nuovo giocatore acquistato da Philadelphia. Inguardabile, inaffrontabile, indecente, quasi immorale: a partire dall'orribile foto che ci mostra un gonfio-viso dallo sguardo assente e beone, terribilmente pacioccone, un sorriso ridicolo sormontato da un brutto cappello marcato "P". (Ti sta male quel cappello, non ti dona !)
Un Jonathan Papelbon che ha deciso di trasferirsi a Philadelphia a suon di dollari (50 milioni, mica male), ma non solo, perché l'ago della bilancia che ha inciso maggiormente su questo trasferimento è stata la volontà, la passione, la ricerca spasmodica dei Phillies verso il Paps. Insomma lo volevano a tutti i costi, lo desideravano fisicamente, intensamente, lo cercavano, lo volevano e lo coprivano di bacini sul collo.

Dopo la corte estenuante, le attenzioni, le dichiarazioni d'amore e le paroline dolci che Philadelphia sussurrava nell'orecchio di Jonathan accompagnate dal SILENZIO e dal disinteresse dei Red Sox…. il Papelbon ci ha (giustamente?) tradito, lasciandoci come si lascia un marito divenuto ormai palloso, pantofolaio, ingrassato, trasandato, ed ora CORNUTO.


Non mi preoccupano eventuali future annate tristi, non mi preoccupano le delusioni e le sconfitte. Non mi preoccupano le NON-Vittorie alle prossime World Series perché, non scordiamocelo, per goderci (come abbiamo goduto) le vittorie dobbiamo prima soffrire e toccare il fondo come i Red Sox ci hanno insegnato.
Mi preoccupa invece l'eventuale anonimato e la tristezza di una squadra "troppo-normale" priva di quel carisma e quella fresca-giovane-pazzia che un Papelbon sapeva trasmetterci.


Spero che non mi tocchi scrivere a breve termine un articolo anche su Big-Papi David Ortiz. Vero?


                                                                                                     di Roberto Mantovani

Nella foto, Jonathan Papelbon (sulla sinistra) viene presentato dal General Manager dei Philadelphia Phillies Ruben Amaro Jr alla stampa (Getty Images per Espn.com).