ALEX LIDDI ''ITALIAN STYLE'': LOTTA E VINCE
L'italiano medio si deve adattare. Non è una sentenza, non è un verdetto, è semplicemente una realtà consolidata che ormai fa parte del suo bagaglio culturale. Magari non lo sa, non n'è consapevole del tutto, però si adegua. Per una questione di sopravvivenza prima di tutto.
L'ha fatto secoli or sono sotto le accanite dominazioni straniere, durante le atroci Guerre Mondiali ed anche ora l'avvilente crisi economica dei giorni nostri l'ha messo con le spalle al muro costringendolo ad accantonare i propri desideri per soddisfare le necessità impellenti dovute al bisogno di far cassa senza badare troppo al sottile. Come si dice se vuoi arrivare a fine mese qualcosa ti devi inventare.
L'obbligo di pensarsi diversamente da come si è, e da come si vorrebbe effettivamente essere, esiste anche nello sport. Basti pensare ai calciatori che per trovare maggiore spazio devono abituarsi anche a giocare in ruoli diversi per essere più impiegati. Oppure un netto cambiamento di ruolo per fare posto ad un altro giocatore considerato migliore.
Anche nel baseball adattarsi è all'ordine del giorno. Di esempi se ne potrebbero riportare decine e decine ma per limiti di spazio è opportuno evidenziarne solo uno abbastanza eloquente. Alex Liddi lo sa molto bene. Prima esordisce in Major con terza base. Poi, per cercare di non rispedirlo in Triplo A e renderlo tatticamente più duttile, l'hanno reinventato come prima base. Infine si è visto addirittura schierato come esterno. Per carità, sempre meglio giocare che stare in panchina a guardare gli altri. Però obbligare un atleta a modificare la sua natura sportiva è una forzatura che prima di tutto paga il giocatore stesso sulla sua pelle. Nonostante tutto il bomber ligure è poi riuscito a liberare talmente tanto la mente da colpire un fuoricampo a basi piene.
Fondamentalmente Liddi, da buon italiano, si sta adattando. Sta assumendo, e sta giustamente accettando di assumere, una forma diversa da quella originaria. Il tutto perché si è costretti a farlo. Le circostanze lo impongono. In generale, ma non è il caso del 23enne sanremese, il cappio al collo te lo stringono lentamente e devi essere scaltro a capire quando è ora di cambiare. Arrivano segnali che bisogna saper cogliere, pena l'esclusione da un qualsiasi tipo di sistema, di ambito: che sia sport, amore, lavoro, e chi più ne ha più ne metta.
Soprattutto in questi difficili momenti a livello mondiale le vicende che accadono consigliano caldamente a ciascuno di mutare, di adattarsi. Che non significa abbandonarsi alla rassegnazione che non possa migliorare nulla. Può non essere esaltante, addirittura frustrante, ma poi nasce il famoso callo che attutisce le fatiche e fortifica le esperienze. Così facendo il fantomatico “treno che passa una volta sola” difficilmente non lo si riconoscerà. E' così un po' per tutti, lo sarà anche per Liddi.
L'italiano medio si deve adattare. E siccome gli riesce divinamente, risultando essere spesso tra i migliori, continui pure a farlo. Magari dedicando un minuto della giornata a chi, per orgoglio o per mancanza d'abitudine, non s'adatta e mangia polvere.
di Matteo Petrucci
L'ha fatto secoli or sono sotto le accanite dominazioni straniere, durante le atroci Guerre Mondiali ed anche ora l'avvilente crisi economica dei giorni nostri l'ha messo con le spalle al muro costringendolo ad accantonare i propri desideri per soddisfare le necessità impellenti dovute al bisogno di far cassa senza badare troppo al sottile. Come si dice se vuoi arrivare a fine mese qualcosa ti devi inventare.
L'obbligo di pensarsi diversamente da come si è, e da come si vorrebbe effettivamente essere, esiste anche nello sport. Basti pensare ai calciatori che per trovare maggiore spazio devono abituarsi anche a giocare in ruoli diversi per essere più impiegati. Oppure un netto cambiamento di ruolo per fare posto ad un altro giocatore considerato migliore.
Anche nel baseball adattarsi è all'ordine del giorno. Di esempi se ne potrebbero riportare decine e decine ma per limiti di spazio è opportuno evidenziarne solo uno abbastanza eloquente. Alex Liddi lo sa molto bene. Prima esordisce in Major con terza base. Poi, per cercare di non rispedirlo in Triplo A e renderlo tatticamente più duttile, l'hanno reinventato come prima base. Infine si è visto addirittura schierato come esterno. Per carità, sempre meglio giocare che stare in panchina a guardare gli altri. Però obbligare un atleta a modificare la sua natura sportiva è una forzatura che prima di tutto paga il giocatore stesso sulla sua pelle. Nonostante tutto il bomber ligure è poi riuscito a liberare talmente tanto la mente da colpire un fuoricampo a basi piene.
Fondamentalmente Liddi, da buon italiano, si sta adattando. Sta assumendo, e sta giustamente accettando di assumere, una forma diversa da quella originaria. Il tutto perché si è costretti a farlo. Le circostanze lo impongono. In generale, ma non è il caso del 23enne sanremese, il cappio al collo te lo stringono lentamente e devi essere scaltro a capire quando è ora di cambiare. Arrivano segnali che bisogna saper cogliere, pena l'esclusione da un qualsiasi tipo di sistema, di ambito: che sia sport, amore, lavoro, e chi più ne ha più ne metta.
Soprattutto in questi difficili momenti a livello mondiale le vicende che accadono consigliano caldamente a ciascuno di mutare, di adattarsi. Che non significa abbandonarsi alla rassegnazione che non possa migliorare nulla. Può non essere esaltante, addirittura frustrante, ma poi nasce il famoso callo che attutisce le fatiche e fortifica le esperienze. Così facendo il fantomatico “treno che passa una volta sola” difficilmente non lo si riconoscerà. E' così un po' per tutti, lo sarà anche per Liddi.
L'italiano medio si deve adattare. E siccome gli riesce divinamente, risultando essere spesso tra i migliori, continui pure a farlo. Magari dedicando un minuto della giornata a chi, per orgoglio o per mancanza d'abitudine, non s'adatta e mangia polvere.
di Matteo Petrucci