Primo numero della nuova rubrica sui Boston Red Sox curata interamente da Roberto Mantovani. In questo articolo si ripercorre la prima parte di stagione, tra un inizio in difficoltà e un ripresa super. Ed è solo l'inizio...

Inizio alla grande questa rubrica sui Red Sox, si respira entusiasmo in questo scorcio di stagione. Questo non vuole essere un commento tecnico, serioso e professionale, anzi, si cercherà di puntare sull’emozione, sull’angoscia e sul piacere di sentire TUA una squadra di Baseball. Proverò a raccontare alcune sensazioni, speranze, gioie e dolori di questa annata che promette bene, di questo 2011 che in base alle mie previsioni vedrà i nostri amati Red Sox impegnati sul diamante fino alla fine di ottobre. (Sono ammesse le rituali “ravanate” alle parti basse per i più sensibili tifosi superstiziosi).

L’inizio della Regular Season è stato traumatico, ben 6, dico 6 scoppole ricevute di fila nell’ Opening Week, ci hanno tagliato le gambe psicologicamente, ma come sappiamo nel Baseball si fa presto a cambiare registro. A Dallas come a Cleveland i ragazzi del Massachusettss esordiscono imbambolati lasciando l’amaro in bocca ai fans che come me perdono le notti per cercare di rivivere una stagione come il 2007. Ho detto 2007 e non 2004... (quella è un’altra cosa, il 2004 lo lasciamo stare li dov’è…) Un 0-6 iniziale nella casella delle W-L da rimanere storditi, ma come oramai tutti sappiamo “meno male che ci sono gli Yankees”, i Pinstripes ci galvanizzano, ci esaltano, hanno il merito di resuscitarci…….. per fortuna esistono! L’esordio al Fenway Park non poteva essere più solenne, nevrotico ed ansioso, il Dustin Pedroia ci mette del suo, è il primo a sbatterla sul Green Monster in questo 2011, contribuendo a mettere in moto la macchina.

Finalmente si parte. Gli Yankees, Fenway Park, la prima vittoria, tutto secondo i piani di noi sognatori, tutto previsto, ma che paura di fallire….!! Un Lackey che lancia per 5 inning e che per ognuno dei quali prende punti, sinonimo di lanciatore perdente, invece NO, si porta a casa la sua e nostra prima vittoria scaccia crisi. Essenzialmente strategica, sfuggita ai commentatori, la vittoria sui Blue Jays del 16 aprile, perché vedeva sugli spalti il sottoscritto, protagonista di una toccata e fuga dalla propria vacanza Newyorkese, una trasferta di 800 km, SOLO per andare a vedere i Red Sox che merita un racconto a parte, un capitolo a se. Bisogna ricordare il piacevole il four-game sweep a casa degli “Angeli Californiani”, verso la fine di aprile. Non male le 4 vittorie consecutive anche se ottenute contro una squadra (Angels) che non sfonderà di sicuro quest’anno.

Tra alti e bassi e la ricerca di una continuità ancora latitante, si arriva a metà maggio, quindi cogliamo l’occasione di sfruttare a pieno una serie di 3 vittorie a New York (grazie ancora, vi vogliamo bene quando fate così i bravini), che ci permettono di arrivare alla soglia psicologica del .500 (parità tra vinte e perse per la prima volta nel 2011). E’ proprio da questa “sweeppata” all’ “IMPERO DEL MALE” che sistemiamo la carburazione, battiamo come si deve, troviamo conferme nei nostri pitcher e nel nostro amato closer “PAPE”. Tutto comincia a girare per il verso giusto, le valide entrano, le medie in battuta si aggiustano, i lanciatori fanno muro, la squadra diventa estremamente affiatata ed il sorriso torna a circolare.

Abbiamo gustato con curiosità la tripla sfida con i Chicago Cubs, a parte le orrende e storiche divise bianche senza simboli. Una sfida che trasudava di antico, e chi, se non il nostro “vecchietto” Wakefield poteva interpretare meglio questa serie di Interleague…. Coi Cubs, l’anziano 45enne Wake ha portato a casa un'altra vittoria e si avvicina sempre più al traguardo storico delle 200 vittorie personali. Proseguiamo con prestazioni convincenti, anche grazie ai 2 pilastri sul monte Lester & Beckkkkett, e sappiamo tutti quanto siano essenziali questi due, magari si unisse a loro il giapponesino Dice-K, quello del 2007 intendo…..!!

Giugno ci accoglie con un nine game winning streak, cioè l’infilata di nove vittorie consecutive condite al suo interno di un'altra perla, di un altro regalo per noi sonnambuli tifosi, un altro SWEEP allo Yankee Stadium. Niente male. 3 vittorie convincenti a New York senza nessun timore reverenziale. (Per fortuna ci sono gli Yankees…..!). Proprio ai ragazzi del Bronx, possiamo dedicare alcune considerazioni, visto che questa è una rubrica sui Red Sox, è inevitabile, la porzione del cervello di noi Bostonians che pensa a New York è notevole. Ogni tifoso dei Red Sox possiede e mantiene attivi parecchi neuroni concentrati sugli Yankees, e nella nostra natura, ammettiamolo. Nella Grande Mela si apprestano a vivere la distrazione della loro festa che preparano da mesi: l’ubriacatura delle 3000 Hit del loro simbolo-capitano Derek Jeter. Massimo rispetto per un icona positiva e sufficentemente simpatica, a cui mancano oramai poche valide per arrivare alla degna quota di 3000 valide, (scusate se è poco), quindi lasciamoli ubriacare e festeggiare in pace. Lasciamo a loro il piacere di tanta birra e distrazione. Lasciamoli dietro il più possibile.

Che dire sui singoli?

Big Papi Ortiz
: senza parole, un portento. Ha zittito quella parte di opinione pubblica che iniziava a digerire male quelle sue false partenze di annata, è attualmente in gran forma e vederlo così in palla in questa parte della stagione, ti illude e ti fa pensare in grande. Ha il sorriso contagioso, è un leader positivo ben voluto nello spogliatoio: guardatelo a fine partita dopo una vittoria, come saluta e come viene salutato dai compagni….!
Adrian Gonzalez: medie strepitose, uomo vincente nel lineup, RBI, HIT, HR, difesa. Grande-Grande acquisto, merita un approfondimento nelle prossime puntate.
Jacoby Ellsbury: (quest’anno mi sembra di vedere in lui un “Ichiro”...) Ellsbury si sta insuzukizzando. La concretezza che lo contraddistingue lo fa assomigliare al giapponese Ichiro dei Seattle. Il giovane Navajo, sicuramente migliorerà le sue Stats personali, nelle valide, negli RBI, nei Run e HR, speriamo che migliori anche quel favoloso 70 nella casella Stolen Bases. Ce la può fare se non si rompe come l’anno scorso. Ce la farà se non trova un altro Beltre che gli cammina sulle costole….!
Jarrod Saltalamacchia: Devo essere sincero, pensavo peggio. Questo “salty” (salato) soprannominato così dai commentatori in difficoltà nella pronuncia, lo davo per meno pratico, meno efficace. Vedremo nel proseguo della stagione….. Lo tengo d’occhio ! Quando lo vidi ad Arlington, dal vivo per la prima volta nel 2008 quando giocava con la casacca Texana, sinceramente la sola cosa che impressionò maggiormente me e mia moglie è stata il constatare il suo record nella Major League della lunghezza del nome (14 lettere, mai successo) e la comicità nella pronuncia dello speaker allo stadio….. S-ELA-LA-ME-CHIA con l’accento sulla i finale !!
Jason Varitek e Jonathan Papelbon: Nessuno si permetta di contestarmeli…(ahhhah)… Così andremo d’accordo per tutto l’anno!!

Alla prossima.