IVANO LICCIARDI, MANAGER DELL'URBE ROMA, SI RACCONTA AL SITO GRANDESLAM.NET
Questa è una di quelle storie che piacciono a me. Una di quelle storie che ti fa dire “come si fa a non essere romantici col baseball?”, parafrasando il fortunatissimo film sugli Oakland Athletics “Moneyball”, con protagonista Brad Pitt.
La nostra storia, tutta italiana, è quella di un giovane Manager che passa dalla vittoria della Little League nella categoria Ragazzi con l’Urbe Roma ai palcoscenici molti più blasonati della Serie A Federale, sempre con quel team che in Licciardi vede il presente ed il futuro della squadra capitolina.
Curiosi di sapere come abbia vissuto questo cambiamento professionale non certo comune andiamo a leggere che cosa ci ha detto lo stesso Ivano Licciardi intervistato per voi da Grandeslam.net
Coach, quest’anno sarà alla guida dell’Urbe Roma, che milita nel girone C della Serie A Federale. Cosa si prova ad essere un Manager ad alti livelli?
Sento una grande responsabilità in quanto nato a Roma e cresciuto sportivamente nella Capitale. Per me è motivo di orgoglio perché ritengo che Roma meriti questo livello, e di tornare al posto che le spetta tra le grandi. Lavorerò con umiltà e responsabilità facendo il necessario, e se riusciremo con i ragazzi alla fine avremmo compiuto qualcosa di straordinario.
Secondo lei come mai Roma ha deciso di puntare su un tecnico emergente?
Credo che la società abbia visto in me una persona che sa creare il giusto spirito che serve in un gruppo, una persona che conosce l’ambiente e più che mai i ragazzi di questa squadra; una persona che lavorando con i giovani cercherà di valorizzare al massimo il vivaio dell’Urbe Roma. Ma credo che questa domanda sia da rivolgere a chi ha messo Ivano Licciardi alla guida del team capitolino.
Quale pensa sia il modo migliore per gestire una squadra di A?
In primis ho sempre creduto nel rapporto umano tra giocatore e allenatore, trovare la chiave per riuscire a mettere in condizione ogni atleta di dare il 100% e a non risparmiarsi in nessun senso. Sono stato sempre un perfezionista da giocatore cercando in maniera maniacale con allenamenti duri di raggiungere i risultati migliori. Nel campionato italiano si giocano solo due partite, e credo che il segreto di tutto sia quello di allenarsi con scrupolo non lasciando niente al caso, visto che il baseball ci permette di allenare mille situazioni di gioco diverse e di variare sempre ogni allenamento in modo da non divenire monotono e stagnante.
Punterà sui giovani per questo campionato 2013?
Certamente sì. Abbiamo dei ragazzi nell’Under 21 molto interessanti. Darò loro la possibilità che meritano perché credo che il futuro di Roma sia quello di puntare sul nostro vivaio. Sono quattro anni che lavoriamo dalla categoria ragazzi fino alla categoria under 21 proprio con questo obiettivo. Quello che vorrei è che ogni giocatore sentisse forte l’attaccamento alla maglia giallo-rossa che indossa e di appartenenza ad un gruppo solido e infrangibile.
Nell’attuale roster, pensa di avere dei giocatori pronti a fare il grande salto in IBL?
Questo è prematuro per dirlo. Sono certo che ci sono giocatori di qualità ma sono ancora più sicuro che il salto si possa fare incrementando il livello tecnico e qualitativo dei coach in campo, che lavorano in simbiosi e con metodo per portare questi ragazzi al massimo livello.
Ci parli di lei Coach, quando si è avvicinato al mondo del baseball e in che modo?
Avevo otto anni e giocavo a calcio. Quando ci siamo trasferiti dall’Alberane a Capanelle mio fratello più grande ha cominciato a frequentare una pineta dove un certo Alberto Nardecchia stava dando i primi rudimenti di questo sport. Una domenica, seguendo mio fratello al campo provai a giocare. Le emozioni che ho provato le ricordo perfettamente e fino a 45 anni ho continuato a cavalcarle giocando prima per la mia città e poi in varie squadre italiane. Sempre con la stessa passione di quella prima volta.
Che cosa l’ha portata a dedicarsi al dedicato compito dell’allenatore?
Fin da quando ero giocatore, essendo un interno e ricoprendo il ruolo di interbase, ho sempre capito di essere un punto di riferimento per i miei compagni e questo non perché lo volessi io, ma perché erano proprio loro a farmi capire quello che in me vedevano. Nel primo anno di serie Nazionale quando sono passato dalla mia società Capannelle alla Roma, sono sempre tornato sui campi per cercare di dare le mie esperienze ai ragazzi che si affacciavano a questo sport. Ho iniziato a fare i vari corsi e quindi le due cose sono andate sempre di pari passo fino ad oggi.
Torniamo alla stagione scorsa, come è riuscito a raggiungere il successo con la sua squadra Ragazzi?
Ho cercato innanzitutto di infondere in loro e di trasmettere l’amore per questo sport. Ho lavorato in maniera divertente sui fondamentali del gioco. Ho adottato delle metodologie di allenamento basate su obiettivi da raggiungere, anche piccoli per cercare di migliorare sempre di pi;, il resto lo hanno fatto loro con entusiasmo stupendomi ed emozionandomi in entrambi i campionati. Non scorderò mai le due stagioni con i fantastici Kids che personalmente mi hanno fatto crescere tanto.
Quale approccio psicologico ha usato per ottenere tanto da degli atleti così giovani?
Ho analizzato ogni allenamento e ogni post partita dedicando ore alla spiegazione di situazioni di gioco e di come mentalmente un’atleta li può affrontare al meglio. Ogni allenamento dopo la partita dedicavamo un’ora di breafing per analizzare le indicazioni che il campo ci dava.
C’è qualcosa che le ha lasciato questa sua ultima esperienza, che crede le sarà utile per la Serie A?
Indubbiamente la passione e l’amore iniziale che mettono questi ragazzi nell’approccio al gioco. Spesso, molti giocatori, perdono quel gusto o quantomeno non si ricordano i primi passi e le emozioni. Vedere dei bambini migliorare di giorno in giorno, che riescono a prendere una palla al volo e fare una battuta valida, vedere nei loro visi la gioia immensa nel segnare un punto sono sensazioni che mi porterò sempre dietro. In questi due anni questi ragazzi mi hanno emozionato e quello che vorrei è che anche i giocatori di serie A abbiano la stessa spensieratezza e leggerezza di questi ragazzi.
Tentiamo un pronostico: dove crede che sarà l’Urbe Roma alla fine della stagione?
A questa domanda è difficile rispondere. Posso solo dire che noi ci batteremo partita dopo partita, inning dopo inning cercando di fare sempre il megli,o mettendo mattone su mattone. Se siaremo bravi alla fine avremo costruito il nostro castello o quantomeno dovremmo essere consapevoli di avercela messa tutta e di non lasciarci dietro nessun rimpianto.
Bene Coach, siamo arrivati alla conclusione della nostra intervista e vorremmo chiudere con un ultimo consiglio per i suoi colleghi più giovani che hanno appena intrapreso l’attività di allenatore?
Quello che posso dire è che un allenatore deve programmare ogni cosa, ogni seduta di allenamento e non tralasciare nulla. Ma, la cosa che mi permetto di consigliare è di trovare la chiave giusta per entrare nella mente di ogni singolo giocatore cercando di mettere in connessione ogni membro della squadra per uno scopo comune di gruppo.
di Michele Acacia (su Twitter @ItalianBaseball)
Nella foto, un primo piano di Licciardi (AlessandroBaratti/UrbeRoma.com).
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La nostra storia, tutta italiana, è quella di un giovane Manager che passa dalla vittoria della Little League nella categoria Ragazzi con l’Urbe Roma ai palcoscenici molti più blasonati della Serie A Federale, sempre con quel team che in Licciardi vede il presente ed il futuro della squadra capitolina.
Curiosi di sapere come abbia vissuto questo cambiamento professionale non certo comune andiamo a leggere che cosa ci ha detto lo stesso Ivano Licciardi intervistato per voi da Grandeslam.net
Coach, quest’anno sarà alla guida dell’Urbe Roma, che milita nel girone C della Serie A Federale. Cosa si prova ad essere un Manager ad alti livelli?
Sento una grande responsabilità in quanto nato a Roma e cresciuto sportivamente nella Capitale. Per me è motivo di orgoglio perché ritengo che Roma meriti questo livello, e di tornare al posto che le spetta tra le grandi. Lavorerò con umiltà e responsabilità facendo il necessario, e se riusciremo con i ragazzi alla fine avremmo compiuto qualcosa di straordinario.
Secondo lei come mai Roma ha deciso di puntare su un tecnico emergente?
Credo che la società abbia visto in me una persona che sa creare il giusto spirito che serve in un gruppo, una persona che conosce l’ambiente e più che mai i ragazzi di questa squadra; una persona che lavorando con i giovani cercherà di valorizzare al massimo il vivaio dell’Urbe Roma. Ma credo che questa domanda sia da rivolgere a chi ha messo Ivano Licciardi alla guida del team capitolino.
Quale pensa sia il modo migliore per gestire una squadra di A?
In primis ho sempre creduto nel rapporto umano tra giocatore e allenatore, trovare la chiave per riuscire a mettere in condizione ogni atleta di dare il 100% e a non risparmiarsi in nessun senso. Sono stato sempre un perfezionista da giocatore cercando in maniera maniacale con allenamenti duri di raggiungere i risultati migliori. Nel campionato italiano si giocano solo due partite, e credo che il segreto di tutto sia quello di allenarsi con scrupolo non lasciando niente al caso, visto che il baseball ci permette di allenare mille situazioni di gioco diverse e di variare sempre ogni allenamento in modo da non divenire monotono e stagnante.
Punterà sui giovani per questo campionato 2013?
Certamente sì. Abbiamo dei ragazzi nell’Under 21 molto interessanti. Darò loro la possibilità che meritano perché credo che il futuro di Roma sia quello di puntare sul nostro vivaio. Sono quattro anni che lavoriamo dalla categoria ragazzi fino alla categoria under 21 proprio con questo obiettivo. Quello che vorrei è che ogni giocatore sentisse forte l’attaccamento alla maglia giallo-rossa che indossa e di appartenenza ad un gruppo solido e infrangibile.
Nell’attuale roster, pensa di avere dei giocatori pronti a fare il grande salto in IBL?
Questo è prematuro per dirlo. Sono certo che ci sono giocatori di qualità ma sono ancora più sicuro che il salto si possa fare incrementando il livello tecnico e qualitativo dei coach in campo, che lavorano in simbiosi e con metodo per portare questi ragazzi al massimo livello.
Ci parli di lei Coach, quando si è avvicinato al mondo del baseball e in che modo?
Avevo otto anni e giocavo a calcio. Quando ci siamo trasferiti dall’Alberane a Capanelle mio fratello più grande ha cominciato a frequentare una pineta dove un certo Alberto Nardecchia stava dando i primi rudimenti di questo sport. Una domenica, seguendo mio fratello al campo provai a giocare. Le emozioni che ho provato le ricordo perfettamente e fino a 45 anni ho continuato a cavalcarle giocando prima per la mia città e poi in varie squadre italiane. Sempre con la stessa passione di quella prima volta.
Che cosa l’ha portata a dedicarsi al dedicato compito dell’allenatore?
Fin da quando ero giocatore, essendo un interno e ricoprendo il ruolo di interbase, ho sempre capito di essere un punto di riferimento per i miei compagni e questo non perché lo volessi io, ma perché erano proprio loro a farmi capire quello che in me vedevano. Nel primo anno di serie Nazionale quando sono passato dalla mia società Capannelle alla Roma, sono sempre tornato sui campi per cercare di dare le mie esperienze ai ragazzi che si affacciavano a questo sport. Ho iniziato a fare i vari corsi e quindi le due cose sono andate sempre di pari passo fino ad oggi.
Torniamo alla stagione scorsa, come è riuscito a raggiungere il successo con la sua squadra Ragazzi?
Ho cercato innanzitutto di infondere in loro e di trasmettere l’amore per questo sport. Ho lavorato in maniera divertente sui fondamentali del gioco. Ho adottato delle metodologie di allenamento basate su obiettivi da raggiungere, anche piccoli per cercare di migliorare sempre di pi;, il resto lo hanno fatto loro con entusiasmo stupendomi ed emozionandomi in entrambi i campionati. Non scorderò mai le due stagioni con i fantastici Kids che personalmente mi hanno fatto crescere tanto.
Quale approccio psicologico ha usato per ottenere tanto da degli atleti così giovani?
Ho analizzato ogni allenamento e ogni post partita dedicando ore alla spiegazione di situazioni di gioco e di come mentalmente un’atleta li può affrontare al meglio. Ogni allenamento dopo la partita dedicavamo un’ora di breafing per analizzare le indicazioni che il campo ci dava.
C’è qualcosa che le ha lasciato questa sua ultima esperienza, che crede le sarà utile per la Serie A?
Indubbiamente la passione e l’amore iniziale che mettono questi ragazzi nell’approccio al gioco. Spesso, molti giocatori, perdono quel gusto o quantomeno non si ricordano i primi passi e le emozioni. Vedere dei bambini migliorare di giorno in giorno, che riescono a prendere una palla al volo e fare una battuta valida, vedere nei loro visi la gioia immensa nel segnare un punto sono sensazioni che mi porterò sempre dietro. In questi due anni questi ragazzi mi hanno emozionato e quello che vorrei è che anche i giocatori di serie A abbiano la stessa spensieratezza e leggerezza di questi ragazzi.
Tentiamo un pronostico: dove crede che sarà l’Urbe Roma alla fine della stagione?
A questa domanda è difficile rispondere. Posso solo dire che noi ci batteremo partita dopo partita, inning dopo inning cercando di fare sempre il megli,o mettendo mattone su mattone. Se siaremo bravi alla fine avremo costruito il nostro castello o quantomeno dovremmo essere consapevoli di avercela messa tutta e di non lasciarci dietro nessun rimpianto.
Bene Coach, siamo arrivati alla conclusione della nostra intervista e vorremmo chiudere con un ultimo consiglio per i suoi colleghi più giovani che hanno appena intrapreso l’attività di allenatore?
Quello che posso dire è che un allenatore deve programmare ogni cosa, ogni seduta di allenamento e non tralasciare nulla. Ma, la cosa che mi permetto di consigliare è di trovare la chiave giusta per entrare nella mente di ogni singolo giocatore cercando di mettere in connessione ogni membro della squadra per uno scopo comune di gruppo.
di Michele Acacia (su Twitter @ItalianBaseball)
Nella foto, un primo piano di Licciardi (AlessandroBaratti/UrbeRoma.com).
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