Si parlava in un precedente articolo di come Houston – Houston-città e Houston-franchigia – abbia affrontato, in tempi recenti, calamità di vario genere.

Probabilmente nessun giocatore conosce questo “attraversare” meglio del catcher Evan Gattis.

Gattis non è stato uno dei protagonisti della trionfale campagna di ottobre degli Astros anche se, quando è stato chiamato in causa, ha saputo rispondere “presente”, con una media in battuta di .254, 5 punti battuti a casa e un fuoricampo.

La sua però è una storia di redenzione che ne fa assumere connotati addirittura omerici.

Per capirla, si deve tornare al 2004, anno in cui il diciottenne Evan assurge agli onori della cronaca sportiva come uno dei migliori prospetti del baseball di high school, la nostra scuola superiore.

Depressione e paura di non mantenere le aspettative portano però Evan al morboso incontro con alcol e marijuana, all’abbandono della scuola e a una vita da girovago, vuoi come parcheggiatore o addetto alle pulizie in Texas, vuoi operatore sulle piste da sci o tuttofare di un ostello in Colorado.

Serve l’incontro con un maestro spirituale in California per far tornare nelle vene di Gattis il desiderio di baseball.

E allora ecco il draft del 2010, le Minors, e nel 2013 l’ingresso nel roster degli Atlanta Braves, a 27 anni.

Nonostante gli infortuni, si mette in luce durante le prime due stagioni in MLB con ben 43 fuoricampo. Torna a casa, in Texas sponda Astros, nel 2015: da lì alla Gloria conquistata mercoledì scorso il passo è forse lunghissimo per altri, non per lui.

Purgatorio, inferno, paradiso: Evan si è scelto una via non scontata, ma alla fine è arrivato. E nel fiume indistinto di lacrime – tante lacrime, con tanti significati diversi: la proposta di matrimonio di Carlos Correa alla fidanzata, la disperazione dei tifosi losangelini… – che si è riversato sul Dodger Stadium nell’immediato dopo-partita, le sue si sono distinte per purezza e sfumatura di significato.

Qua la mano, Evan Gattis.

di Andrea Comotti


Nella foto, Gattis nel suo badge lavorativo e in lacrime da campione del mondo (da KultureHub.com).