A bordo di un pick-up scoperto in modo che potesse salutare i tifosi di Minneapolis e ricevere da loro i meritati omaggi, così è cominciato l’ultimo All-Star Game al quale Derek Jeter ha preso parte.
Fino ad arrivare al fatidico momento in cui dopo l’annuncio dello speaker, il capitano dei New York Yankees ha lasciato il dugout per fare il suo ultimo ingresso in campo prima dello schieramento sul diamante, che lo vedeva come sempre lì in quella zona ormai diventata epica allo Yankke Stadium fra la terza e la seconda base.

Alla fine sono stati proprio gli assi della American League ad avere la meglio sugli altrettanto formidabili colleghi della National, 5-3 il finale con Miguel Cabrera e soprattutto Mike Trout a fare da mattatori, con quest’ultimo alla fine eletto meritatamente MVP dell’All-Star Game; un traguardo importante per l’esterno degli Angels appena ventiduenne e al quale risulta impossibile prevedere un futuro da numero uno del baseball.

In tutto questo non poteva mancare l’apporto di una leggenda come Jeter, capace di colpire un doppio, un singolo ed un arrivo a casa.

Dall’altra parte invece Jonathan Lucroy si è rivelato il migliore dei suoi, a dispetto di alcuni compagni decisamente più appariscenti e apparentemente più carismatici, il catcher dei Milwaukee Brewers ha portato due dei tre punti segnati dalla sua squadra. L’altro è stato frutto dell’ennesima valida di un altro giocatore entrato nel cuore di tutti gli appassionati non solo di quelli di Philadelphia, ovviamente parliamo di Chase Utley, seconda base totem dei Phillies che ha sempre dimostrato di essere uno dei migliori interpreti di questo sport.

Anche il monte di lancio naturalmente ha visto l’avvicendarsi di numerosi campioni dalle qualità indiscutibili.
Ottimo l’approccio di Felix Hernandez, partente per l’American; King Felix dopo la valida di Andrew McCutchen che ha aperto i giochi, non ha concesso nulla, chiudendo l’inning a lui assegnato con due eliminazioni al piatto.
A fargli compagnia il CY della lega Max Scherzer, anche per lui una valida concessa e due strikeout messi a segno.

Quasi in chiusura c’è stata gloria anche per un esordiente come Sean Doolittle, il closer degli Athletics ha chiuso la sua prima volta da All-Star con le medesime statistiche dei due suoi più blasonati colleghi.

È sicuramente andata un po’ meno bene ad Adam Wainwright, a cui Matheny ha affidato la partenza per la National, e che ha preso 3 punti lanciando ai primi tre del lineup: due extrabase consecutivi rispettivamente da Jeter e Trout, prima del fuoricampo di Cabrera che ha segnato subito la partita.

Prestazione certamente migliore ha offerto Clayton Karshaw, che tutti auspicavano partente al posto di Wainwright, e che ha chiuso la sua apparizione con un immacolato 0.00 alla voce pgl.

Meno bene è andata ad un altro pitcher dei Cardinals, infatti il povero Pat Neshek nella porzione di gara in cui ha lanciato si è beccato 3 valide e 2 punti chiudendo con un irreale 54.00 di media era.

Il migliore dei suoi qui è stato neanche a dirlo Craig Kimbrel, il fenomenale closer degli Atlanta Braves in grado di mandare strikeout tutti e 3 i battitori a lui affidati.

Seppur ci siano stati dei vincitori e quindi dei vinti, come al solito l’All-Star Game si è rivelato quello che è: una festa per i tifosi dalle tinte agonistiche e da quell’aura magica che avvolge ogni ballpark nel quale va in scena questo splendido spettacolo.

Ma ora purtroppo il tempo dei sogni è finito, perché tra un paio digiorni la MLB riparte per quello che si rivela sempre il periodo delle verità, dove chi sta in testa è chiamato a confermarsi e chi sta dietro è costretto allo sprint nella speranza di raggiungere la tanto agognata Post Season.

di Michele Acacia

Nella foto, Trout dopo il triplo colpito (da MLB Official Facebook Page).