Pierluigi Bissa è un nome conosciuto nel mondo del baseball. Ha militato nelle file delle società di Verona, Bologna e San Marino, senza dimenticare le convocazioni in Nazionale. Ha percorso tutta la strada che lo ha portato dalle serie giovanili alla massima serie. Conosce quindi il mondo del baseball per averlo vissuto in prima persona. Quando ha deciso di appendere il guanto ad un chiodo, la famiglia e la sua professione di legale hanno occupato tutta la sua vita. Ma come chiunque abbia conosciuto il baseball, non ha saputo allontanarsene del tutto. Ha seguito i primi passi di suo figlio alle prese con quel nuovo, complicato sport e, con il tempo, è subentrata la coscienza che lui, Pierluigi, aveva ancora molto da dare al baseball. Ecco quindi la decisione di candidarsi, come rappresentante degli atleti, alle prossime elezioni federali in programma sabato 26 novemebre a Salsomaggiore. Parliamo con lui, più approfonditamente, del suo programma e dell'immagine attuale del baseball in Italia.

Partiamo da una premessa: lei è stato, per molti anni e in varie categorie, un giocatore. Quindi si presenta, sostanzialmente, come un giocatore al servizio dei giocatori?
Un ex (ahimè) giocatore al servizio dei giocatori, ma anche e soprattutto un qualificato dirigente al servizio dell’intero movimento. Questo è il ruolo che intendo ritagliarmi nell’ambito del futuro consiglio federale. Parliamoci chiaro, in un momento delicato come quello che stiamo attraversando, è assolutamente necessario che il nostro movimento venga rappresentato e diretto da persone competenti e qualificate, che sappiano mettere a disposizione l’esperienza maturata sul campo, ma anche specifiche competenze professionali. Per questo motivo ho deciso di candidarmi come consigliere in rappresentanza degli ATLETI, perchè penso che la categoria “target” di tutto il movimento, la cui crescita e sviluppo rappresenta l’obiettivo comune di tutti i candidati, debba essere adeguatamente rappresentata da chi riveste queste caratteristiche.

Nel suo progetto elettorale lei parla di “valorizzare le poche, ma valide, risorse” di cui dispone il nostro baseball. Vogliamo approfondire la conoscenza di queste risorse?
Come tutti sappiamo il nostro sport non può disporre di rilevanti risorse di natura finanziaria. Le risorse cui mi riferisco, quindi, sono -prima di tutto- risorse umane, rappresentate da appassionati che per dare un futuro a questo sport hanno messo -e continuano a mettere- a disposizione il loro tempo libero, le loro professionalità e le loro fatiche. Mi riferisco a quei dirigenti che tra mille difficoltà -e nonostante le mille difficoltà- continuano a riunirsi la sera, dopo cena, per reperire gli strumenti finanziari necessari per acquistare il materiale indispensabile per disputare i campionati (spesso mettendo mano anche al loro portafoglio); a quei tecnici che non dispongono di adeguate attrezzature, spazi e strutture ma che in condizioni disagiate continuano a diffondere l’amore e la passione per questo sport; a quegli atleti che per giocare qualche inning a volte sono disponibili a percorrere molti e molti chilometri con la loro autovettura (senza neppure ricevere il rimborso delle spese sostenute o senza neppure avere la possibilità di fare una doccia al termine della partita), ma che nonostante tutto continuano ad amare questo sport; ai quei genitori che -coinvolti dai loro figli- sono sempre disponibili ad organizzare tornei o feste per raccogliere fondi; a quei giornalisti che –senza retribuzione alcuna- continuano a lottare per dare visibilità a tutto questo. Perchè è proprio dalla passione e dall’entusiasmo che muove queste persone che dobbiamo ripartire.

Il fine per superare questo momento difficile per il baseball italiano è, secondo lei, “la costruzione di una base solida e concreta” per poter diffondere questo sport. Quali sono, dal suo punto di vista, i mezzi e le modalità per questa diffusione?
La diffusione non può prescindere dalla “costruzione di una base solida e concreta”e tale costruzione deve partire dal coinvolgimento di tutte le risorse di cui il movimento dispone. La federazione non deve essere vista e percepita dagli iscritti come un’entità lontana ed avulsa da quello che accade tutti i giorni nei campi da gioco e nelle palestre. Deve saper ascoltare gli operatori del settore e diventare un supporto reale e concreto, a disposizione di tutte le società e di tutti gli iscritti. Questo è possibile solo attraverso il coinvolgimento delle strutture federali territoriali, che devono saper instaurare un dialogo continuo e diretto con tutti gli operatori di riferimento e che devono poter mettere a disposizione delle società virtuose materiale tecnico e strumenti incentivanti. Attraverso la creazione di una tale sinergia sarà possibile formare operatori qualificati (dirigenti e tecnici) designati ad attuare il progetto di divulgazione e diffusione del nostro sport, ad ogni livello. La diffusione quindi si dovrà realizzare attraverso un penetrante intervento nelle strutture scolastiche ed in quelle ricreative territoriali, nonchè attraverso la diffusa organizzazione di eventi e manifestazioni. Nel nostro panorama ci sono esempi di virtuose iniziative poste in essere –a volte autonomamente- da singole società e che hanno come obiettivo proprio la divulgazione e la diffusione del nostro sport. Queste iniziative devono essere premiate e sostenute dalla federazione e devono essere assunte come modello da replicare in tante altre realtà. Il percorso di diffusione del nostro sport passa anche attraverso la valorizzazione della massima espressione tecnica del nostro movimento, i campionati di vertice e la nazionale, che dovranno quindi rappresentare per tutti gli appassionati un importante punto di attrazione e di riferimento e per i praticanti fonte di speranze ed ambizioni. Perché proprio la speranza di poter un giorno vestire la maglia azzurra è il stata per me la spinta decisiva che, sin dai primi campionati disputati nei settori giovanili, mi ha accompagnato nel corso di tutta la mia carriera, dandomi la forza di affrontare -con entusiasmo- molti sacrifici.

Nella sua carriera di atleta ha vissuto un po' tutte le realtà del baseball. Giustamente lei parla di difficoltà, disagi e ostacoli con cui ogni atleta si deve confrontare. Vogliamo esaminare, a grandi linee, le più rilevanti, quelle alla cui soluzione si impegnerebbe primariamente?
Nel corso della mia carriera ho vissuto realtà di ogni tipo: da quella -nessuno me ne voglia- che si può definire “periferica”, dove il baseball costituiva un perfetto sconosciuto a tal punto che gli amministratori locali rifiutavano di mettere a disposizione le palestre per paura che venissero danneggiate con l’uso delle mazze di ferro o delle palle di piombo (sic!)....obbligandoci così ad allenarci nei sottoscala dei campi di calcio, sino a quelle più “strutturate” che potevano contare della collaborazione di qualificatissimi professionisti e nelle quali ho avuto la fortuna di trascorrere l’ultima parte della mia carriera. Le difficoltà ed i disagi per gli ATLETI variano molto in base al contesto territoriale in cui praticano che -a sua volta- è fortemente condizionato dal livello di diffusione del nostro sport.
Vi sono realtà ove le palestre ed campi da gioco sono scarse o addirittura assenti (o indisponibili) ed altre in cui -pur essendovi disponibilità di impianti e strutture- un solo tecnico è costretto a farsi carico della preparazione di più squadre, a volte anche contemporaneamente.
Vi sono realtà nelle quali ragazzi di 11 anni, il mercoledì pomeriggio, sono costretti a percorrere centinaia e centinaia di chilometri per disputare anche solo una partita (facendo ritorno a casa dopo le 10 di sera) ed altre ove invece nel raggio di qualche chilometro i ragazzi possono incontrare ben 4 diverse squadre.
Ci sono delle realtà nelle quali le regole di gioco applicate non sono assolutamente adeguate al livello di gioco dei bambini che tentano di cimentarsi in questo sport e che quindi preferiscono tornare a calciare un pallone.
Le difficoltà ed i disagi quindi sono diversi a seconda del territorio e del contesto che si analizza ed è per questo che –come ho sottolineato poco fa- la federazione deve poter instaurare un dialogo e confronto diretto con tutte queste realtà per poter adottare, di volta in volta, le soluzioni che si ritengono migliori.
La soluzione dei problemi, infatti, parte da una loro approfondita conoscenza. Ed è proprio a questo dialogo ed a questa presa di conoscenza che il mio impegno da consigliere sarà preliminarmente rivolto.

Lei offre, a questa Federazione, il suo “atteggiamento collaborativo” e, quindi, parliamo di collaborazione: ce n'è nel mondo del baseball italiano?
Un progetto di sviluppo e di crescita non può prescindere dalla massima collaborazione tra tutti gli attori coinvolti, a tutti i livelli. L’errore più grande che in questo momento il nostro movimento può commettere, infatti, è di dividersi, di creare spaccature e di gettare al vento quello che di buono è stato fatto nel corso delle precedenti gestioni. Per questo auspico che -a prescindere dall’esito delle elezioni- tutte le forze e le persone scese in campo per queste elezioni possano –nel doveroso rispetto dei ruoli- contribuire e collaborare per la realizzazione del programma che avrà ottenuto il maggior consenso. Questo nell’esclusivo interesse del nostro movimento.

Le “voci” di cui lei parla nella sua dichiarazione di intenti, vengono definite, sì, favorevoli e speranzose, ma anche critiche e pessimistiche. Quali critiche vengono mosse all'attuale movimento? E quanto pessimismo pervade il mondo del baseball odierno?
Le voci critiche verso l’attuale movimento parlano di una federazione che sentono lontana, non sempre presente o attenta alle loro esigenze e difficoltà. Una federazione che quindi dovrebbe saper ascoltare maggiormente i suggerimenti che provengono dal movimento e che –di conseguenza- dovrebbe saper adottare strumenti correttivi, studiati e pensati ad hoc per far fronte alle diversità ed alle peculiarità che ogni realtà presenta. Il pessimismo che pervade il mondo del baseball è sotto gli occhi di tutti. Tuttavia mi fa piacere constatare che le persone con cui ho avuto l’occasione di parlare e di confrontarmi hanno saputo cogliere la passione, l’entusiasmo e la serietà che mi ha guidato nella scelta di candidarmi ed hanno correttamente interpretato questa mia scelta come un segnale concreto di voler dar vita al necessario processo di rinnovamento e cambiamento del nostro apparato politico. Segnale che auspico possa tramutarsi presto in ottimismo.

di Cristina Pivirotto


Nella foto, un primo piano di Pierluigi Bissa (da Facebook).