Quando si parla di “closer” nel baseball, si fa riferimento a quel lanciatore che ha il delicato compito di entrare nell’ultimo inning della partita, con la propria squadra in vantaggio, allo scopo di non subire punti o quanto meno di  far si che gli avversari non ne segnino tanti da raggiungere o superare la propria squadra. Insomma deve fare in modo che, per l’appunto, chiuda la partita.

Ma siccome il baseball è uno sport strano e assolutamente poco convenzionale, può capitare che addirittura un closer entri in battuta per assolvere all’ultimo out della propria squadra, andando a trovarsi di fatto, dall’altra parte del fiume.

In questo caso è successo a Sean Doolittle, closer degli A’s, che domenica sera è stato chiamato al decimo inning con Oakland sotto 7-6 contro Boston, ma non per salire sul monte come suo solito, ma bensì per entrare nel box di battuta per sfidare il collega Koji Uehara, closer dei Red Sox.

Non possiamo nemmeno immaginare la sorpresa di Doolittle quando il manager Bob Melvin lo ha fatto uscire dal dugout per fargli affrontare il suo primo turno di battuta in Major League.

Infatti se è vero che per un pitcher non è poi così strano andare alla battuta visto che in National League i lanciatori assolvono regolarmente ai loro obblighi dentro al box; è altrettanto vero che Doolittle ha sempre giocato con gli Athletics, che militano in quella American League dove al posto del lanciatore alla battuta di utilizza il DH, ovvero il battitore designato che gioca solo in attacco e scende in campo esclusivamente per sostituire il pitcher alla battuta.

Ora secondo voi con queste premesse che cosa avrà mai potuto pensare il buon Sean in quel momento? Semplice! A non finire strikeout.

“Ho pensato solo a fare del mio meglio per non dare loro la soddisfazione di finire la partita con un’eliminazione al piatto” ha detto candidamente Doolittle: “Perché stando sempre dall’altra parte so quanto questo possa essere emozionante.”

Ovviamente Melvin non è impazzito tutto d’un tratto decidendo di mandare a battere in un’occasione così cruciale un pitcher senza un briciolo di esperienza, ma è stato costretto suo malgrado dagli infortuni di Kyle Blanks e Derek Norris che hanno fatto si che il Manager sia rimasto senza giocatori di posizione da far entrare. Questo quindi lo ha portato alla scelta obbligata di far entrare un giocatore del bullpen.

E pensare che primo lanciatore degli Athletics a entrare come pinch-hiter fu Bob Welch il 13 Maggio del 1994, nella partita giocata contro i Kansas City Royals.

In questo caso Doolittle è stato inserito quale sostituto di Fernando Abad, suo compagno di bullpen, che poco prima aveva subito l’home run di Davis Ortiz poi risultato vincente.

Anche perché il pitcher non è certo digiuno riguardo ad at-bat (turni in battuta).
Infatti Doolittle ha cominciato a giocare ad alti livelli nell’Università della Virginia, dove ha passato i suoi primi quattro anni da professionista giocando come prima base,  prima di essere costretto a passare sul monte di lancio a causa di un infortunio. Ma fino al 2009 Sean era un battitore regolare in Triple-A con la maglia dei River Cats.

“È difficile togliere quattro anni di ruggine nel giro di 10-15 swing con la mazza” ha confessato candidamente il pitcher.

L’esordio di Doolittle è cominciato con la classica telefonata al bullpen: “Quando Darren Bush(pitching coach degli A’s) mi ha chiesto come mi sentivo ho cominciato lo stretching, credevo di dovermi preparare a lanciare qualora fossimo riusciti ad allungare la partita pareggiando. Poi invece mi ha detto “Ok prendi la mazza e vai a fare qualche giro nella gabbia di battuta, sei il terzo battitore in questo inning.”

Ecco dunque che dopo alcuni giri di mazza sotto l’attenta osservazione dell’hitting coach Chili Davis con l’intento di ritrovare un po’ di sicurezza nello swing stando attento in primis a non compiere movimenti che avrebbero potuto favorire un infortunio; Doolittle è sceso in campo per andare ad affrontare Uehara nell’ultima occasione d’attacco per Oakland.

“È stato molto snervante” ha ammesso. “Dopo aver visto come si erano impegnati i miei compagni, speravo di guadagnare una base su ball, o al limite di rompere la mazza colpendo la palla così da creare una situazione inaspettata in diamante con la speranza di raggiungere la prima anche questo modo. Anche se non sono certo ciò che avrei fatto anche in quel caso.”

Ci ha scherzato su Bob Melvin a fine partita: “Lì in piedi dentro al box con il caschetto e tutto il resto sembrava un vero battitore. E il suo swing non è stato nemmeno affatto male tutto sommato.”

A chi gli ha chiesto se l’eliminazione da parte di Dustin Pedroia lo abbia comunque soddisfatto in qualche modo, Doolittle ha risposto: “Non so se tutti i lanciatori pensano di poter essere in grado di colpire una palla. Ma di certo è molto più facile che questi riescano a colpire un battitore”.

di Michele Acacia


Nel frame da MLB.com, Doolittle impegnato nel box di battuta.