KANSAS CITY ROYALS: UN TORNADO ALLA CONQUISTA DELLE WORLD SERIES
Il bello della Major League, gli appassionati lo sanno, è proprio quello del suo essere un'alternanza di squadre dominanti e di sorprese che, ciclicamente, riescono a calcare il grande palco delle World Series e, perchè no, a vincerle. Ultimo esempio, in ordine di tempo erano stati i Florida Marlins nel 2003 e l'eterna cenerentola Tampa Bay, che però non concretizzò i suoi sogni di gloria causa una Philadelphia stellare nel 2008.
La sorpresa di quest'anno si chiama Kansas City Royals, che tornano, dopo 31 anni, a vincere l'American League e, quindi, a giocare per il titolo. Lo hanno fatto da Wild Card, con il record non proprio esaltante in regular season di 89-73, ma con letteralmente lo stile di un tornado: squadra veloce, difesa solida, small baseball e monte affidabile: queste le caratteristiche di una squadra in totale controtendenza rispetto sia al classico approccio muscolare made in USA, sia rispetto agli agglomerati di .OPS e .babip di "beaniana" memoria. Cosi eccoci ad analizzare questo bel collettivo costruito dal General Manager Dayton Moore.
Innanzi tutto, la costruzione di questo collettivo parte nel 2004 con una sequenza molto azzeccata di pick al First Round del Draft: Billy Butler (addirittura dallo Junior College), Alex Gordon, Mike Moustakas e Eric Hosmer. Poi segue, e anche qui siamo ormai nel business as usual per le squadre non di prima fascia, la vendita di due star di peso come Zach Greinke e Yunieski Betancourt in cambio degli allora poco valutati Lorenzo Cain e Alcides Escobar, seguita dall'inevitabile delusione fra i fan per la perdita di due giocatori di primissimo livello, approdati poi al calduccio del Miller Park di Milwaukee ma, ironia della sorte, ancora a secco di Post Season.
Il telaio però c'è e, con l'arrivo di tre partenti solidi come Shields, Vargas e Guthrie e di molte intuizioni azzeccate sia sul mercato interno (Aoki, Finnegan e Davis) sia quello esterno (Ventura, Perez), i Royals dei 2014 arrivano ad indossare le loro scarpette rosse e, come la Dorothy di Oz, e a volare come il vento.
E' bravo anche il manager Ned Yost a cambiare le carte in tavola e a sfruttare le caratteristiche del suo lineup, aggredendo sulle basi gli avversari, con ottimi battitori di linee e di singoli. Le extrabase di Hosmer, Butler, Moustakas e Gordon ci raccontano poi che quando le cose si devono infilare si infilano: quando quattro giocatori nella stessa squadra raggiungono la maturità in contemporanea vuol dire che in cielo si ha una buona stella.
Resta da capire quanta di questa esplosione, quante di quelle extrabase e quante di quelle basi rubate si vedranno contro la gioiosa macchina da guerra della Bay Area marchiata Giants che, al netto di una regular season non proprio esaltante, ha dalla sua l'esperienza e roster, sulla carta, di maggiore qualità.
La caccia alla strega dell'Ovest parte domani sera dal Kaufmann Stadium.
di Marco Mignola
Nella foto alcuni dei protagonisti del grande cammino di Kansas (@Royals Official Facebook Page).
La sorpresa di quest'anno si chiama Kansas City Royals, che tornano, dopo 31 anni, a vincere l'American League e, quindi, a giocare per il titolo. Lo hanno fatto da Wild Card, con il record non proprio esaltante in regular season di 89-73, ma con letteralmente lo stile di un tornado: squadra veloce, difesa solida, small baseball e monte affidabile: queste le caratteristiche di una squadra in totale controtendenza rispetto sia al classico approccio muscolare made in USA, sia rispetto agli agglomerati di .OPS e .babip di "beaniana" memoria. Cosi eccoci ad analizzare questo bel collettivo costruito dal General Manager Dayton Moore.
Innanzi tutto, la costruzione di questo collettivo parte nel 2004 con una sequenza molto azzeccata di pick al First Round del Draft: Billy Butler (addirittura dallo Junior College), Alex Gordon, Mike Moustakas e Eric Hosmer. Poi segue, e anche qui siamo ormai nel business as usual per le squadre non di prima fascia, la vendita di due star di peso come Zach Greinke e Yunieski Betancourt in cambio degli allora poco valutati Lorenzo Cain e Alcides Escobar, seguita dall'inevitabile delusione fra i fan per la perdita di due giocatori di primissimo livello, approdati poi al calduccio del Miller Park di Milwaukee ma, ironia della sorte, ancora a secco di Post Season.
Il telaio però c'è e, con l'arrivo di tre partenti solidi come Shields, Vargas e Guthrie e di molte intuizioni azzeccate sia sul mercato interno (Aoki, Finnegan e Davis) sia quello esterno (Ventura, Perez), i Royals dei 2014 arrivano ad indossare le loro scarpette rosse e, come la Dorothy di Oz, e a volare come il vento.
E' bravo anche il manager Ned Yost a cambiare le carte in tavola e a sfruttare le caratteristiche del suo lineup, aggredendo sulle basi gli avversari, con ottimi battitori di linee e di singoli. Le extrabase di Hosmer, Butler, Moustakas e Gordon ci raccontano poi che quando le cose si devono infilare si infilano: quando quattro giocatori nella stessa squadra raggiungono la maturità in contemporanea vuol dire che in cielo si ha una buona stella.
Resta da capire quanta di questa esplosione, quante di quelle extrabase e quante di quelle basi rubate si vedranno contro la gioiosa macchina da guerra della Bay Area marchiata Giants che, al netto di una regular season non proprio esaltante, ha dalla sua l'esperienza e roster, sulla carta, di maggiore qualità.
La caccia alla strega dell'Ovest parte domani sera dal Kaufmann Stadium.
di Marco Mignola
Nella foto alcuni dei protagonisti del grande cammino di Kansas (@Royals Official Facebook Page).