Riassunto della puntata precedente.

20 giugno 1993: i Chicago Bulls vincono per la terza volta consecutiva il titolo della National Basketball Association, un traguardo raggiunto solamente dai Minneapolis Lakers ed i Boston Celtics (otto titoli consecutivi); l’età media del quintetto titolare è di poco inferiore ai ventinove anni.
maggio-giugno 1993: viene pubblicato il libro Michael & Me: Our Gambling Addiction... My Cry for Help! dove l’autore, l’uomo d’affari Richard Esquinas, parla dell’abitudine di Michael Jordan a scommettere sul golf e sostiene di vantare un grosso credito nei suoi confronti; da investigazioni precedenti e successive viene fuori che non è l’unico. La notte precedente una partita dei playoff contro i Knicks Jordan viene visto scommettere ad Atlantic City. Jordan ammetterà di avere dei problemi con le scommesse che, tuttavia, non pregiudicano le sue finanze.
13 agosto 1993: viene identificato il cadavere del padre di Michael, James Raymond Jordan, ucciso a colpi di arma da fuoco mentre dormiva all’interno della sua automobile durante una sosta. Michael è sconvolto, il legame con James era strettissimo.
6 ottobre 1993: a meno di un mese dalla partita d’esordio della nuova stagione dei Bulls, Michael Jordan annuncia il ritiro dall’attività agonistica. La motivazione ufficiale è la mancanza di stimoli, ma si fanno insistenti le voci di una decisione dovuta al polverone mediatico scatenato dai dettagli emersi riguardo l’abitudine a scommettere.

Il ritiro di Michael Jordan all’apice della carriera, dopo un three-peat ottenuto con una squadra che sembra in grado di dominare per molti anni a venire, riecheggia in tutto il Mondo mentre le motivazioni poco chiare alimentano continui dibattiti.
  • La mancanza di stimoli non sembra credibile: Jordan è una persona estremamente competitiva e non ha mai difettato di motivazioni e obiettivi da raggiungere; la possibilità di insidiare il record di otto titoli consecutivi vinti dai Boston Celtics ed entrare nella storia della NBA è un’occasione troppo ghiotta.
  • Il peso della fama mondiale ha portato Michael a scontrarsi spesso con i giornalisti, arrivando anche a pensare che qualcuno stesse deliberatamente tentando di danneggiarlo. Tutto questo nonostante l’affetto, tipicamente invasivo, dei tifosi fosse genuino, tanto da perdonargli le velleità da scommettitore trapelate già nel 1991, ed i giornalisti siano sempre stati a dir poco benevoli nei suoi confronti, dentro e fuori dal campo, elevandolo ad icona immortale dello sport americano.
  • Jordan è ormai un marchio venduto in tutto il Mondo e la vicenda delle scommesse è temuta da Michael per le ripercussioni che potrebbe avere sulla sua immagine. Il commissioner Stern dichiara più volte chiuse le indagini della NBA, che chiuse non sono, e bolla come infamanti le accuse, suffragate da prove evidenti. Insomma, Stern non ha nessuna voglia di affogare nel fango il suo business ed i tifosi col tempo potrebbero perdonare il campione - anche se la fretta di chiudere la vicenda con il ritiro lascerebbe intendere che c’è ancora molto da scoprire - in fondo è un patrimonio americano non solo sportivo, ma all’estero chissà.
  • La morte del padre James non può essere la motivazione principale - il ritiro sembra una reazione eccessiva - ma ha certamente contribuito in maniera determinante ad aprire delle falle nelle sicurezze di Michael, nonostante egli stesso abbia dichiarato più avanti che se il padre fosse stato presente avrebbe preso la stessa decisione.
  • Si parla addirittura di un incontro con il presidente della Nike Phil Knight nel quale i due avrebbero discusso della possibilità di comprare una squadra in Europa dove far giocare Michael, mossa che aiuterebbe la Nike a risollevare le vendite europee in picchiata. Sembra improbabile, basti pensare al coinvolgimento di Jordan in parecchie compagnie americane, ma se non altro la dice lunga sull’influenza che hanno certe multinazionali nello sport.

Il nuovo anno porta con sé varie indiscrezioni, alcune delle quali veramente sorprendenti. Pare che Michael Jordan stia facendo un po’ di pratica con una pitching machine al Comiskey Park, magari per non stare fermo con le mani in mano. Un amico d’infanzia, Dave Bridgers, rivela questo ed altri particolari che fanno alzare il sopracciglio a parecchi giornalisti: i due tifavano A’s (curiosamente anche loro autori di un three-peat, 1972-74), andavano matti per Reggie Jackson e insomma... alla fine il basket è qualcosa con cui Michael si è scontrato un po’ per caso! La stampa, ovviamente, impazzisce: da Chicago arrivano report nei quali si afferma che Jordan si è allenato al Comiskey tre o quattro giorni a settimana per due/tre ore al giorno e l’agente di Michael, David Falk, afferma che i report “sono molto accurati”; Circolano voci riguardo la possibile presenza di Jordan allo spring training dei White Sox a Sarasota, Florida; il Chicago Tribune scrive che Michael “fa sul serio” col baseball. Avvistamenti, notizie, dichiarazioni si susseguono a strettissimo giro di posta.

Jerry Reinsdorf, proprietario di Bulls e White Sox fiuta l’affare ed incoraggia Michael sia in pubblico che in privato, sottolineando le sue enormi potenzialità e le sue ottime performance nel passato. Ma non mancano le sferzate della stampa: Jordan ha trent’anni, non gioca a baseball dal terzo anno di high school ed è stato battuto ad una gara di home run di celebrità da Tom Selleck. Falk in tutta questa bufera continua a recitare la parte, a dire e non dire: “sono tutte fantasie, Michael ha detto di voler provare cose nuove e lo sta facendo”, “si diverte”, “le probabilità che giochi seriamente a baseball sono una su un milione”, ma “a Michael piace sfidare le probabilità”. Fotografie e riprese video di Michael mentre si allena sono sempre più frequenti.

Il 15 febbraio 1994 a Sarasota il numero 45 è Michael Jordan: dice di essere lì per dimostrare di poterci stare, vuole provarci, come gli chiese il padre grande appassionato di baseball in punto di morte, che male c’è? Per alcuni tutto questo è semplicemente “ridicolo”. Ridicolo che ci vogliano quindici anni di allenamenti per diventare un major leaguer e una persona possa pensare dopo due settimane di essere all’altezza, ridicolo che anche solo provi a girare la mazza. Walter Hriniak, l’hitting coach dei White Sox, inizialmente è molto scettico ed infastidito, ma prima Reinsdorf, poi Michael lo tranquillizzano: Guarda Jordan negli occhi e gli chiede le sue intenzioni, se è seriamente intenzionato a provarci; la risposta è “terribilmente, terribilmente serio”.

Continua...

                                                                                                         di Christian Tugnoli

Nella foto, Michael Jordan si allena nel box di battuta.