LA RISURREZIONE DI ANDREW MCCUTCHEN


Fino al 23 maggio.
Da allora, la risurrezione.
E Andrew McCutchen è tornato a macinare numeri da urlo, sulla falsariga di quelli che l’hanno portato con merito, nel 2013, a conquistare il premio di “Most Valuable Player” della National League: da .181 di media in battuta a .442, tanto per snocciolare una statistica.
Che cos’è successo?
Difficile dirlo: forse ha inciso il ritorno nel “suo” ruolo, quello di esterno centro (è notizia di pochi giorni fa che manterrà la posizione anche al ritorno di Starling Marte dalla sospensione per doping); forse ha adottato impercettibili ma decisivi aggiustamenti nella meccanica di battuta; forse si è “liberato”, con l’annuncio dell’imminente paternità; forse gli hanno giovato quei giorni – ormai lontani, lontanissimi – di fine maggio, quando il manager Clint Hurdle prima l’ha fatto accomodare in panchina, e poi l’ha sì rispedito in lineup, ma nel “turno basso”, sesto in battuta.
Da quel momento, per Andrew McCutchen la palla da baseball è diventata grande come uno di quei palloni gonfiabili che si usano per i giochi da spiaggia (rende meglio in inglese: “the baseball began to look like a beach ball”), vale a dire semplicissima da colpire.
L’MLB ha ritrovato uno dei suoi grandi protagonisti, un giocatore acclamato in tutti i ballpark, un modello di correttezza dentro e fuori del campo; per dirla con una sola parola, un campione.
Bentornato, Cutch.
di Andrea Comotti
Nella foto, una divertita esultanza di McCutchen (Dailystache.net).